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PERCHE’ (NON) ESSERE ORGOGLIOSI DI ANTONIO AZZOLLINI

ABBIAMO FINALMENTE CAPITO QUAL E'  IL SITO WEB AMICO DEL SENATORE E ABBIAMO PROVATO A RILEGGERE UN  POST ANONIMO A SUO FAVORE, CAMBIANDO SOLO QUALCHE PAROLA ED ECCO IL RISULTATO:

<< Okay, è vero, chi scrive su questo blog non è un sostenitore di Antonio Azzollini; va bene, lo ammettiamo, proviamo a darvi notizie che altri non danno o che lasciano passare sotto tono e lo facciamo nel tentativo di spezzare quella catena mediatica che da qualche tempo tiene legata Molfetta a un’immagine che si vuol far passare come pulita e accogliente. Eppure, Molfetta è anche altro, è un modello di amministrazione che fuori città considerano un esempio da non imitare.

Ecco perché, fatta questa premessa doverosa, crediamo che i cittadini molfettesi non dovrebbero essere orgogliosi senza riserve per quel concittadino che si chiama Antonio Azzollini e per quelle sue foto – accanto al ministro Tremonti – che oggi compaiono nelle prime pagine di tutti i principali quotidiani nazionali. Non che debba essere un atto di fede. Né in questo momento vogliamo dimenticare i quasi 200 milioni di euro (200 milioni di euro!!!) che Azzollini da Roma in questi anni ha fatto arrivare a Molfetta per porto, chiese, centro storico, zona industriale, arredo urbano e altro (tralasciamo i 4,5 milioni di euro truffati allo stato per ricostruire le Palazzine Fontana fatte passare a Roma come opere pubbliche).

Piuttosto, ci piacerebbe, una volta tanto, che i molfettesi imparino ad indignarsi non solo per lo “Sciatavinn!” urlato nella tv moderna che è Youtube, ma anche per quelle immagini dei tiggì nazionali che restituiscono il volto di un nostro concittadino che sta scrivendo la storia politico-economica di questo Paese rappresentando le istituzioni e in qualche modo rappresentando la città di Molfetta.

Ah che esagerazione!, diranno adesso i benpensanti. No. No perché si può pure criticare la scelta di togliere le mani dalle tasche degli italiani per mettere le manette a chi evade; si possono pure criticare gli altri punti della manovra finanziaria (la ventesima presentata da Antonio Azzolllini?); ad alcuni può anche non bastare il fatto che il sindaco, grazie proprio alle sue competenze in fatto di bilanci, sia riuscito in questi anni a risanare le casse comunali senza ricorrere a tasse o imposte (infatti ha ridotto le strade cittadine a colabrodo però ha sempre  assicurato oltre 100mila euro l'anno per i concerti organizzati dalla Fondazione di suo cognato, e se stesso); e ovviamente si può essere di destra o di sinistra e lo stesso riconoscere che, sì, Azzollini sta lavorando da protagonista per far sì che l’Italia faccia la fine della Grecia; sì, il nome Azzollini indicherà per sempre il nome di chi introduce il carcere per i grandi evasori ed evita il prelievo del 5% sui redditi delle famiglie (riuscirà poi a salvare molti suoi concittadini dal carcere?). Sì, quell’Azzollini lì è lo stesso che qualche giorno fa si è recato ad Arcore e tra una riunione tecnica (ci auguriamo senza Bunga-Bunga) e l’altra ha raccontato a Berlusconi di quella città della Puglia, di quella città fatta di pescatori, marinai, abusivi, che aspira ad essere “ZONA FRANCA” (o del "MERCATO DIFFUSO)". Come ama dire lui. >>

 

 

 

 

 


VERGOGNOS
O

Epico scontro Cruciani Vs. Senatore Antonio Azzollini – La Zanzara – Radio 24 – 01/09/2011

In questo video invece è il Senatore che deve andare a ripetizione

MANOVRA E ARMI: IL MALE OSCURO


di Alex Zanotelli – www.libera.it
 
In tutta la discussione nazionale in atto sulla manovra finanziaria, che ci costerà 20 miliardi di euro nel 2012 e 25 miliardi nel 2013, quello che più mi lascia esterrefatto è il totale silenzio di destra e sinistra, dei media e dei vescovi italiani sul nostro bilancio della Difesa.
È mai possibile che in questo paese nel 2010 abbiamo speso per la difesa ben 27 miliardi di euro? Sono dati ufficiali questi, rilasciati lo scorso maggio dall'autorevole Istituto Internazionale con sede a Stoccolma (SIPRI). Se avessimo un orologio tarato su questi dati, vedremmo che in Italia spendiamo oltre 50.000 euro al minuto, 3 milioni all'ora e 76 milioni al giorno. Ma neanche se fossimo invasi dagli UFO, spenderemmo tanti soldi a difenderci!!
È mai possibile che a nessun politico sia venuto in mente di tagliare queste assurde spese militari per ottenere i fondi necessari per la manovra invece di farli pagare ai cittadini? Ma ai 27 miliardi del Bilancio Difesa 2010, dobbiamo aggiungere la decisione del governo, approvata dal Parlamento, di spendere nei prossimi anni, altri 17 miliardi di euro per acquistare i 131 cacciabombardieri F 35. Se sommiamo questi soldi, vediamo che corrispondono alla manovra del 2012 e 2013.
Potremmo recuperare buona parte dei soldi per la manovra, semplicemente tagliando le spese militari. A questo dovrebbe spingerci la nostra Costituzione che afferma: "L'Italia ripudia la guerra come strumento per risolvere le controversie internazionali…"(art.11) Ed invece siamo coinvolti in ben due guerre di aggressione, in Afghanistan e in Libia. La guerra in Iraq (con la partecipazione anche dell'Italia), le guerre in Afghanistan e in Libia fanno parte delle cosiddette " guerre al terrorismo", costate solo agli USA oltre 4.000 miliardi di dollari (dati dell'Istituto di Studi Internazionali della Brown University di New York). Questi soldi sono stati presi in buona parte in prestito da banche o da organismi internazionali. Il governo USA ha dovuto sborsare 200 miliardi di dollari in dieci anni per pagare gli interessi di quel prestito. Non potrebbe essere, forse, anche questo alla base del crollo delle borse? La corsa alle armi è insostenibile, oltre che essere un investimento in morte: le armi uccidono soprattutto civili.
Per questo mi meraviglia molto il silenzio dei nostri vescovi, delle nostre comunità cristiane, dei nostri cristiani impegnati in politica. Il Vangelo di Gesù è la buona novella della pace: è Gesù che ha inventato la via della nonviolenza attiva. Oggi nessuna guerra è giusta, né in Iraq, né in Afghanistan, né in Libia. E le folle somme spese in armi sono pane tolto ai poveri, amava dire Paolo VI. E da cristiani come possiamo accettare che il governo italiano spenda 27 miliardi di euro in armi, mentre taglia 8 miliardi alla scuola e ai servizi sociali?
Ma perché i nostri pastori non alzano la voce e non gridano che questa è la strada verso la morte?
E come cittadini in questo momento di crisi, perché non gridiamo che non possiamo accettare una guerra in Afghanistan che ci costa 2 milioni di euro al giorno? Perché non ci facciamo vivi con i nostri parlamentari perché votino contro queste missioni? La guerra in Libia ci è costata 700 milioni di euro!
Come cittadini vogliamo sapere che tipo di pressione fanno le industrie militari sul Parlamento per ottenere commesse di armi e di sistemi d'armi. Noi vogliamo sapere quanto lucrano su queste guerre aziende come la Fin-Meccanica, l'Iveco-Fiat, la Oto-Melara, l'Alenia Aeronautica. Ma anche quanto lucrano la banche in tutto questo.
E come cittadini chiediamo di sapere quanto va in tangenti ai partiti, al governo sulla vendita di armi all'estero (Ricordiamo che nel 2009 abbiamo esportato armi per un valore di quasi 5 miliardi di euro).
È un autunno drammatico questo, carico di gravi domande. Il 25 settembre abbiamo la 50° Marcia Perugia-Assisi iniziata da Aldo Capitini per promuovere la nonviolenza attiva. Come la celebreremo? Deve essere una marcia che contesta un'Italia che spende 27 miliardi di euro per la Difesa.
E il 27 ottobre sempre ad Assisi, la città di S. Francesco, uomo di pace, si ritroveranno insieme al Papa, i leader delle grandi religioni del mondo. Ci aspettiamo un grido forte di condanna di tutte le guerre e un invito al disarmo.
Mettiamo da parte le nostre divisioni, ricompattiamoci, scendiamo per strada per urlare il nostro no alle spese militari, agli enormi investimenti in armi, in morte.
Che vinca la Vita!

Il decreto legge n. 138 del 13 agosto 2011

ROBINHOOD1
“Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”

Decreto legge 13 agosto 2011 n. 138 

Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per  lo sviluppo

(Gazzetta Ufficiale del 13 agosto 2011)



Il Presidente della Repubblica;

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Ritenuta  la  straordinaria  necessita’  ed  urgenza   di   emanare disposizioni per la stabilizzazione finanziaria e per il contenimento della spesa pubblica al fine di garantire la stabilita’ del Paese con riferimento all’eccezionale situazione di crisi internazionale  e  di instabilita’ dei mercati e per rispettare gli impegni assunti in sede di Unione Europea, nonche’ di adottare misure dirette a  favorire  lo sviluppo   e   la   competitivita’   del   Paese   e   il    sostegno dell’occupazione;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri,  adottata  nella riunione del 12 agosto 2011;

Sulla proposta del Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  e  del Ministro dell’economia e delle finanze;

Emana 

il seguente decreto-legge: 

Titolo I

DISPOSIZIONI PER LA STABILIZZAZIONE FINANZIARIA  

Art. 1

Disposizioni per la riduzione della spesa pubblica 

1.  In  anticipazione  della  riforma  volta  ad  introdurre  nella Costituzione la regola del pareggio  di  bilancio,  si  applicano  le disposizioni di cui al presente titolo. Gli  importi  indicati  nella tabella di cui all’allegato C al decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, alla voce “indebitamento”, riga “totale”, per gli anni 2012 e  2013,  sono incrementati, rispettivamente, di  6.000  milioni  di  euro  e  2.500 milioni di  euro.  Con  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri, da emanare su proposta del Ministro dell’economia  e  delle finanze entro il 25 settembre 2011, i predetti importi sono ripartiti tra i Ministeri e sono stabiliti i corrispondenti importi nella  voce ”saldo netto da finanziare”. L’importo previsto, per l’anno 2012,  al primo periodo del presente comma puo’ essere ridotto  di  un  importo fino al 50 per cento delle maggiori entrate previste dall’articolo 7, comma 6, in considerazione dell’effettiva applicazione  dell’articolo 7, commi da 1 a 6, del presente decreto.

2. All’articolo 10, comma 1, del citato  decreto-legge  n.  98  del 2011 convertito con legge n. 111 del 2011, sono soppresse le  parole: ”e,   limitatamente   all’anno   2012,   il   fondo   per   le   aree sottoutilizzate”.

3. Le amministrazioni  indicate  nell’articolo  74,  comma  1,  del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con  modificazioni, dalla legge 6  agosto  2008,  n.  133,  e  successive  modificazioni, all’esito della riduzione degli assetti  organizzativi  prevista  dal predetto articolo 74 e dall’articolo  2,  comma  8-bis,  del  decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito  con  modificazioni  dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, provvedono,  anche  con  le  modalita’ indicate nell’articolo 41, comma 10, del  decreto-legge  30  dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27  febbraio 2009, n. 14:

a) ad apportare, entro il 31 marzo 2012,  un’ulteriore  riduzione degli uffici dirigenziali di livello non generale, e  delle  relative dotazioni organiche, in misura non  inferiore  al  10  per  cento  di quelli risultanti a seguito dell’applicazione del  predetto  articolo 2, comma 8-bis, del decreto legge n. 194 del 2009;

b) alla rideterminazione delle dotazioni organiche del  personale non dirigenziale, ad esclusione di  quelle  degli  enti  di  ricerca, apportando una ulteriore riduzione non  inferiore  al  10  per  cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti di  organico  di tale personale risultante a seguito  dell’applicazione  del  predetto articolo 2, comma 8-bis, del decreto legge n. 194 del 2009.

4. Alle amministrazioni che non abbiano adempiuto a quanto previsto dal comma 3 entro il 31 marzo  2012  e’  fatto  comunque  divieto,  a decorrere  dalla  predetta  data,  di  procedere  ad  assunzioni   di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto; continuano ad essere esclusi dal predetto divieto gli incarichi conferiti ai  sensi dell’articolo 19, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo  30  marzo 2001, n. 165, e successive  modificazioni.  Fino  all’emanazione  dei provvedimenti  di  cui  al  comma  3  le  dotazioni  organiche   sono provvisoriamente individuate in misura pari  ai  posti  coperti  alla data di entrata in vigore della legge  di  conversione  del  presente decreto; sono fatte salve le procedure  concorsuali  e  di  mobilita’ nonche’ di conferimento di incarichi ai sensi dell’articolo 19, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo  n.  165  del  2001  avviate  alla predetta data.

5. Restano esclusi dall’applicazione dei commi 3 e 4  il  personale amministrativo operante presso gli uffici giudiziari,  la  Presidenza del Consiglio, le Autorita’ di bacino di rilievo nazionale, il  Corpo della polizia penitenziaria, i  magistrati,  l’Agenzia  italiana  del farmaco, nei limiti consentiti dalla normativa  vigente,  nonche’  le strutture del comparto  sicurezza,  delle  Forze  armate,  del  Corpo nazionale dei vigili del  fuoco,  e  quelle  del  personale  indicato nell’articolo 3, comma 1, del citato decreto legislativo n.  165  del 2001. Continua a trovare  applicazione  l’art.  6,  comma  21-sexies, primo periodo del decreto legge 31 maggio  2010,  n.  78,  convertito dalla legge  30  luglio  2010,  n.  122.  Restano  ferme  le  vigenti disposizioni in materia di limitazione delle assunzioni.

6.  All’articolo  40  del  citato  decreto-legge  n.  98  del  2011 convertito con legge n. 111 del  2011,  sono  apportate  le  seguenti modificazioni:

a) al comma 1-ter, le parole: “del 5 per cento per l’anno 2013  e del 20 per cento a decorrere dall’anno 2014″, sono  sostituite  dalle seguenti: “del 5 per cento per l’anno 2012  e  del  20  per  cento  a decorrere dall’anno 2013″; nel medesimo comma , in fine, e’  aggiunto il seguente periodo: “Al fine di garantire gli effetti finanziari  di cui al comma 1-quater, in alternativa, anche parziale, alla riduzione di cui al primo  periodo,  puo’  essere  disposta,  con  decreto  del Presidente del consiglio  dei  ministri,  su  proposta  del  Ministro dell’economia e delle finanze, la rimodulazione delle aliquote  delle imposte indirette, inclusa l’accisa.”;

b) al comma 1-quater, primo periodo,  le  parole:  “30  settembre 2013″, sono sostituite  dalle  seguenti:  “30  settembre  2012″;  nel medesimo periodo, le parole: “per l’anno 2013″, sono sostituite dalle seguenti: “per l’anno 2012, nonche’ a  16.000  milioni  di  euro  per l’anno 2013″.

7. All’articolo 10, comma 12, del citato decreto-legge  n.  98  del 2011 convertito con legge n. 111 del 2011, dopo il primo periodo,  e’ inserito il seguente: “Nella ipotesi prevista dal primo  periodo  del presente comma ovvero nel  caso  in  cui  non  siano  assicurati  gli obiettivi di risparmio  stabiliti  ai  sensi  del  comma  2,  con  le modalita’ previste dal citato primo periodo puo’ essere disposto, nel rispetto degli equilibri di bilancio  pluriennale,  il  differimento, senza interessi, del pagamento della tredicesima mensilita’ dovuta ai dipendenti delle pubbliche  amministrazioni  di  cui  all’articolo  1 comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,  in  tre  rate annuali posticipate. Con decreto  di  natura  non  regolamentare  del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le disposizioni tecniche per l’attuazione del presente comma”.

8. All’articolo 20, comma 5, del citato  decreto-legge  n.  98  del 2011 convertito con legge n. 111 del 2011, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nell’alinea, le parole: “per gli anni 2013 e successivi”, sono sostituite dalle seguenti: “per gli anni 2012 e successivi”;

b) alla lettera a), le parole:  “per  800  milioni  di  euro  per l’anno 2013 e” sono soppresse; nella medesima lettera, le parole:  “a decorrere  dall’anno  2014″,  sono  sostituite  dalle  seguenti:   “a decorrere dall’anno 2012″;

c) alla lettera b), le parole: “per 1.000  milioni  di  euro  per l’anno 2013 e” sono soppresse; nella medesima lettera, le parole:  “a decorrere  dall’anno  2014″,  sono  sostituite  dalle  seguenti:   “a decorrere dall’anno 2012″;

d) alla lettera c), le parole:  “per  400  milioni  di  euro  per l’anno 2013″, sono sostituite dalle seguenti:  “per  700  milioni  di euro  per  l’anno  2012″;  nella  medesima  lettera,  le  parole:  “a decorrere  dall’anno  2014″,  sono  sostituite  dalle  seguenti:   “a decorrere dall’anno 2013″;

e) alla lettera d), le parole: “per 1.000  milioni  di  euro  per l’anno 2013″ sono sostituite dalle seguenti: “per  1.700  milioni  di euro  per  l’anno  2012″;  nella  medesima  lettera,  le  parole:  “a decorrere  dall’anno  2014″,  sono  sostituite  dalle  seguenti:   “a decorrere dall’anno 2013″.

9. All’articolo  20,  del  citato  decreto-legge  n.  98  del  2011 convertito con legge n. 111 del  2011,  sono  apportate  le  seguenti modificazioni:

a) al comma 2, le parole:  “a  decorrere  dall’anno  2013″,  sono sostituite dalle seguenti: “a decorrere dall’anno 2012″;

b) al comma 3, le parole:  “a  decorrere  dall’anno  2013″,  sono sostituite dalle seguenti: “a decorrere dall’anno 2012″; nel medesimo comma, il secondo periodo e’ soppresso; nel medesimo comma, al  terzo periodo sostituire le parole “di cui a  primi  due  periodi”  con  le seguenti: “di cui al primo periodo”.

10. All’articolo 6 del decreto legislativo 6 maggio  2011,  n.  68, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, primo periodo, le parole: “A  decorrere  dall’anno 2013″, sono sostituite dalle seguenti: “A decorrere dall’anno 2012″;

b) al comma 1, lettera a), le parole:  “per  l’anno  2013″,  sono sostituite dalle seguenti: “per gli anni 2012 e 2013″;

c) al comma 2, le  parole:  “Fino  al  31  dicembre  2012″,  sono sostituite dalle seguenti: “Fino al 31 dicembre 2011″.

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A Roma il No B-Day "Siamo più di un milione"

Il corteo in piazza San Giovanni

https://liberatoriopolitico.wordpress.com/wp-content/uploads/2009/12/re205yv1x_20091205.jpg

di Giovanni Innamorati (www.ansa.it/…)

ROMA – I partiti di opposizione scavalcati dalla piazza, dove si vedono tantissimi giovani che invece sono sempre piu’ rari nelle sedi dei movimenti politici. Questo l’aspetto piu’ vistoso del ‘No B Day’, la prima manifestazione mai convocata in Italia via web, senza l’appoggio di apparati organizzativi di partiti o sindacati. Una manifestazione con un unico messaggio espresso insieme con rabbia e allegria: ”Berlusconi vada a casa”. Proprio il manifesto lanciato su Facebook a ottobre per convocare la manifestazione mostra tutto l’approccio impolitico dell’iniziativa: ”non ci interessano le conseguenze delle dimissioni di Berlusconi; l’importante e’ che si dimetta subito”.

Ed ecco che i partiti di opposizione oggi si sono dovuti accodare. Gli organizzatori hanno parlato di oltre un milione di presenti. la Questura di 90 mila. Quel che e’ certo e’ che hanno riempito piazza San Giovanni. I manifestanti hanno applaudito tutti quelli che hanno sfilato nel corteo con loro, da Di Pietro a Rosy Bindi, da Paolo Ferrero a Oliviero Diliberto, da Nichi Vendola ad Angelo Bonelli dei Verdi. Le polemiche per la mancata presenza ufficiale del Pd, sollevate da Idv e dagli altri partiti di sinistra, si e’ vista quindi solo nel retropalco piu’ che nella piazza, che aveva solo voglia di gridare assieme ”Berlusconi dimettiti” come e’ stato ritmato piu’ volte. Pier Luigi Bersani, alla fine, ha inviato la ‘pasionaria’ Rosy Bindi, festeggiatissima dai manifestanti: ”abbiamo perso tre settimane a litigare con Di Pietro – sospira Pippo Civati – e a dividerci tra noi sul nulla”. Di Pietro, sempre attorniato dalle telecamere, ha attaccato il governo a testa bassa (”e’ mafioso, fascista e piduista”) ma non e’ riuscito a monopolizzare l’iniziativa. Paolo Ferrero analizza cosi’ la paura del Pd per questa piazza: ”hanno una concezione vecchia, in cui i partiti hanno il monopolio della politica. Ma ormai non e’ piu’ cosi’, e il primo compito dei partiti e’ ascoltare la societa”’.

Cosi’ in molti hanno evitato di fare dichiarazioni, sottolineando piuttosto di voler ascoltare la piazza: da Dario Franceschini a Fausto Bertinotti. La prima sfida per il centrosinistra consiste ora nel proporre a questa piazza un’offerta politica adeguata. La seconda sfida e’ costituita dalla massiccia presenza di giovani in quella che Ferrero ha definito ”una manifestazione generazionale, convocata con mezzi generazionali”. Sono passati solo otto anni dal 2001 e i Girotondi sono gia’ archeologia.

S.BORSELLINO,BERLUSCONI E SCHIFANI SONO VILIPENDIO
"Il vero vilipendio è che persone come Schifani e Berlusconi occupino le istituzioni. Schifani non vuole chiarire i rapporti avuti con la mafia nel suo studio professionale". Lo ha detto Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, in un intervento alla manifestazione del No B Day, interrotto più volte dall’ovazione della folla.

MONICELLI, MANIFESTAZIONE BELLA E GIOVANE
"Questa è una manifestazione bella perché è giovane, non c’é cupezza, non c’é aria di sconfitta", ha detto Mario Monicelli, giaccone bianco, sciarpa viola e coppola, intervenendo sul palco. "Tenete duro, viva voi, viva la vostra forza, viva la classe operaia, viva il lavoro" ha aggiunto. Secondo il regista, "dobbiamo costruire una Repubblica in cui ci sia giustizia, uguaglianza, e diritto al lavoro, che sono cose diverse dalla libertà".

LA DIRETTA SULLA TV DANESE – Il No B day trasmesso in diretta dalla Tv danese, oltre che da Rainews 24, Sky Tg24, Red Tv e You Dem. "Possiamo essere soddisfatti – ha detto Gianfranco Mascia, uno degli organizzatori – del fatto che ci sarà la diretta di una rete televisiva pubblica nazionale: quella Danese. Infatti abbiamo saputo che il canale televisivo pubblico della Danimarca ha deciso di mandare in onda non solo P.zza San Giovanni, ma seguirà tutto il corteo. Una bella dimostrazione di democrazia nei confronti di chi – alla RAI – ha preferito non concedere la diretta TV".

L'ombra che arriva su Capaci e via D'Amelio

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di Giuseppe d’Avanzo (la Repubblica.it )

CI sono due frasi che – tragiche e spaventose, se vere – vanno estratte dal reticolo di parole dette a Torino da Gaspare Spatuzza. Condannato all’ergastolo per sette stragi e quaranta omicidi, ora testimone dell’accusa, il mafioso di Brancaccio definisce con una formula inedita Cosa Nostra. La dice "un’organizzazione terroristica mafiosa". La novità è nell’aggettivo terroristica, naturalmente.

Mai un mafioso lo aveva detto e ammesso. Dirlo, ammetterlo conferma che, dentro Cosa Nostra, esiste (o è esistito) un forte potere centrale di decisione, la presenza di una forza militare molto efficiente e determinata, ma soprattutto la volontà di abbandonare, al tramonto della Prima Repubblica, la tradizionale posizione di deferenza parassitaria verso l’establishment per condizionare le politiche, gli uomini e i governi della Seconda. La risoluzione – anche al prezzo di offrire l’indiscutibile prova della propria esistenza – postula la volontà di Cosa Nostra di costringere a un "patto" lo Stato, le classi dirigenti, il sistema politico nella scia un’escalation terroristica. Nel solco di questa strategia c’è la seconda, drammatica dichiarazione, ancora senza riscontro, che Gaspare Spatuzza ha offerto all’aula di Torino.

È un j’accuse che non si era mai letto nei verbali di interrogatorio acquisiti al processo: "Berlusconi e Dell’Utri sono i responsabili delle stragi del 1992/1993". Il 1992 è l’anno degli eccidi di Capaci e di via D’Amelio. Quindi, non solo dell’assalto ai beni artistici della penisola (Uffizi, Torre dei Pulci, l’Accademia dei Georgofili a Firenze; la Galleria di Arte moderna a Milano; San Giovanni in Laterano e S. Giorgio al Velabro a Roma), ma il capo del governo e il suo più stretto collaboratore, nell’avventura imprenditoriale e politica, sarebbero addirittura gli ispiratori anche dell’assassinio con il tritolo di Giovanni Falcone (23 maggio 1992) e Paolo Borsellino (19 luglio 1992).

Con poche frasi che nessuno in aula ha avuto voglia di approfondire per il momento (accettabile forse per la difesa, incomprensibile per l’accusa), Gaspare Spatuzza riscrive così le mappe che hanno orientato finora le mosse dei magistrati; la geografia dell’ambiguità endemica della politica italiana nei confronti della mafia; gli archetipi e le prassi di Cosa Nostra. La prima prova pubblica del mafioso di Brancaccio come testimone dell’accusa – diventata happening mediatico, teatro un po’ noioso, spettacolo mediocre – incuba tutte le originalità di una stagione che può avere effetti micidiali per la scena politica e istituzionale, lungo le linee di confine dove la politica incontra la mafia, negli ingranaggi della macchina giudiziaria. L’alambicco genera molte cose nuove. Possono essere memorizzate in qualche quadro.

Morte di un processo, Spatuzza prepara l’esplosivo per fare secco Paolo Borsellino. Ruba l’auto, la "prepara" per via D’Amelio. Non è, nel 2008, tra i condannati. Ora si autodenuncia. Offre le prove della sua responsabilità diretta (dice: controllate i freni dell’auto, sono nuovi perché – prima della strage – li ho voluti rifare). I controlli confermano e smascherano i "collaboratori di giustizia" di quel processo risolto con condanne definitive. Si chiamano Salvatore Candura e Vincenzo Scarantino. Si erano autoaccusati. Candura ora ammette le fandonie. Tutti i processi, nati dall’assassinio di Paolo Borsellino vanno celebrati di nuovo, liberando gli innocenti.

Quelle sentenze, la loro "verità storica" è ormai scritta sull’acqua. Spatuzza incamera un’alta credibilità (come liquidarlo da questo momento?). Infligge al lavoro istruttorio della procura di Caltanissetta uno sbrego perché le confessioni decisive sono impure. Apre una questione: chi ha deciso e orientato il gioco pericoloso degli investigatori, così selettivamente sordi ai dati da convalidare le parole di Candura e Scarantino, mediocri narratori, forse addirittura a scrivergliele? Quale interesse hanno coltivato in quegli anni difficili (1992/1994) le burocrazie della sicurezza? Strategia unica Giovanni Falcone muore perché doveva morire, perché doveva essere punito. Paolo Borsellino, per ragioni ancora oggi misteriose. Questo ci è stato sempre raccontato. La morte di Falcone, l’assassinio di Borsellino – al contrario – non sono due iniziative distinte, separate da un doppio movente.

Spatuzza rovescia convinzioni antiche di 17 anni con un ricordo. Dice: mi occupai io dell’esplosivo di via D’Amelio. Lo ritirammo a Porticello prima del "botto" a Capaci. Dunque la distruzione dei due magistrati è l’obiettivo di un piano che, fin dall’inizio, prevedeva anche la morte di Borsellino. L’omogeneità del progetto mafioso liquida – meglio, attenua – l’oscura controversia intorno alla "trattativa" avviata dagli ufficiali del Ros con Vito Ciancimino. Scioglie l’ipotesi che Borsellino sia morto perché, consapevole della trattativa dello Stato con i Corleonesi, vi si era opposto. Disegna un’altra scena.

Capaci, via D’Amelio, nel 1992, le bombe in continente, nel 1993, sono tappe di una lucida e mirata progressione terroristica che avrebbe dovuto distruggere nemici giurati e sapienti, aprire la strada a un sistema politico più poroso agli interessi di una Cosa Nostra, umiliata e sconfitta con la sentenza della Cassazione (1992) che rendeva definitive le condanne del primo grande processo alla mafia istruito dal pool di Caponnetto e Falcone. Trattative Se sfuma il valore del negoziato tra lo Stato e Cosa Nostra nel 1992, Spatuzza afferma che la trattativa con il sistema politico non si è mai spezzata. Mai, perché è stata sempre viva e costante dalla fine degli anni ottanta fino ad oggi. All’inizio (1987/1989) furono i socialisti, crasti che molto promisero e nulla mantennero. E’ la ragione che conduce a Roma, nel 1991, la créme dell’Anonima Assassini di Cosa Nostra.

Nella Capitale sono Giuseppe Graviano, Matteo Messina Denaro, Vincenzo Sinacori. Hanno "armi leggere". Devono uccidere Claudio Martelli (ministro di Giustizia), Giovanni Falcone (direttore degli Affari Penali), Maurizio Costanzo. Accade qualcosa in quel momento, dice Gaspare Spatuzza. Il tentativo rientra. Falcone sarà ucciso a Palermo con metodi terroristici, subito dopo Borsellino. Perché? Il testimone ritiene che, in quel momento, accade qualcosa. Muta il progetto. Appaiono nuovi soggetti. Non sono ancora un partito politico, ma presto lo diventeranno. E’ ingenuo pensare che Forza Italia nasca come "partito della mafia" come se l’esistenza di uno o più punti di contatto tra la macchina politica e la macchina mafiosa stabilisca un pieno rapporto di identità, come è altrettanto ingenuo credere che la nascita di un nuovo partito incubi in un vuoto pneumatico, nell’Italia delle sempreterne connessioni tra politica, affarismo e crimine. Dove sono i punti di giuntura di quel "sottomondo" che si immagina attivissimo nella crisi catastrofica del "sovramondo" della Prima Repubblica?

Spatuzza fa con chiarezza i nomi di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri. Sono loro i punti di giuntura e i mediatori e i garanti della nuova stagione. Sono loro "i responsabili", dice. Dunque, sono Berlusconi e Dell’Utri gli interlocutori di un Giuseppe Graviano che, in un giorno del gennaio 1994, annuncia gongolante ai tavoli del Doney di via Veneto a Roma che "tutto è andato a posto" e che "ci siamo messi il Paese nelle mani".

Enfasi a parte, ancora a Berlusconi e Dell’Utri pensano gli "uomini d’onore", si fa per dire, quando Filippo Graviano nel carcere di Tolmezzo dice: "Se non arriva quel che ci hanno promesso, è tempo che noi parliamo con i magistrati". E’ il 2004. Il negoziato è ancora in corso, con tutta evidenza. Cosa Nostra attende le mosse accondiscendenti del potere e, senza illusioni o lungimiranza, prepara i suoi nuovi passi. Con una formula mai così esplicitamente sperimentata: parlare con i magistrati e accusare chi "li ha venduti". Quindi, nella resa dei conti si utilizzerà lo Stato contro lo Stato, la magistratura contro il potere esecutivo che ha "tradito gli impegni" all’inizio di un nuovo ciclo di compromissioni politiche. E’ questa la trappola che abbiamo sotto gli occhi e lo scenario scandaloso a cui dobbiamo prepararci? E’ questa la missione di Gaspare Spatuzza? Le parole di un Capo Sono quelle che ancora mancano. Dice la verità, Spatuzza? Mente? O, come spesso accade ai testimoni, il mafioso di Brancaccio percepisce gli eventi di quegli anni a modo suo, se li è impressi nella memoria e la memoria li ha trasformati?

Anche per Spatuzza, come per Buscetta, Contorno, Mannoia, Cancemi, Giuffré, si pone una questione antica per le storie e i processi contro Cosa Nostra e i suoi protettori e amici esterni: il punto di vista dei mafiosi disertori non è mai stato quello della leadership che ha trattato direttamente con i grandi politici – mai una parola da Riina, Provenzano – ma quello dei "quadri, cui i capi hanno spiegato come stavano le cose, nella misura in cui ciò fosse possibile e opportuno". Il rischio è dare per buone le parole di una leadership mafiosa che, per governare uomini e territori, deve autocelebrarsi e autoaccreditarsi con capi, soldati, gregari facili a deformare le informazioni che ricevono, a semplificarle strumentalmente, incapaci di distinguere la complessità dei meccanismi che regolano il funzionamento del potere ufficiale.

Questa condizione oggi può essere spezzata dalle parole di Giuseppe e Filippo Graviano, attesi in aula l’11 dicembre. Sarà la loro testimonianza a mostrare, smentire od occultare il ricatto che la Cosa Nostra siciliana sembra spingere contro il governo e lo Stato. Finora i fratelli di Brancaccio hanno come accompagnato l’iniziativa di Gaspare Spatuzza. Gli hanno mostrato affetto e rispetto. Non si sono rifiutati al confronto con il disertore, al dialogo con i pubblici ministeri. Giocano una loro partita, che è ancora alla prima mano. Si sono detti "dissociati". Lo ha fatto Filippo. Giuseppe ha promesso "una mano d’aiuto per ricostruire la verità" delle stragi. Quindi, accettando di conoscerla dinanzi a un magistrato, ammettendo di esserne uno degli attori anche se non il protagonista. Burattini e burattinai La nuova strategia di Cosa Nostra vede la magistratura in un ruolo quasi ancillare. Deve raccogliere le parole dei testimoni; interpretare – per districarle – le "mezze parole" che anche leader come i fratelli Graviano lasciano cadere nei verbali; accettare il deposito di "pizzini" che Massimo Ciancimino consegna ai pubblici ministeri, decidendo in autonomia la convenienza e l’utilità.

La magistratura non appare oggi padrona del gioco. Con una guida delle indagini frammentate in quattro procure (Firenze, Caltanissetta, Palermo, Milano) più la procura nazionale antimafia, è testimone di una trama che non controlla, al più interpreta in attesa di vedere quali saranno le cose nuove che accadranno. Non la favorisce il silenzio di Silvio Berlusconi. La mafia lo chiama esplicitamente in causa. Ha già taciuto, avvalendosi della facoltà di non rispondere, nel primo grado e, ora che lo indicano addirittura come il responsabile delle stragi, tace ancora. Non sa che cosa ha in mente Cosa Nostra, che cosa vogliono Spatuzza e i Graviano. Incastrato da qualche incontro pericoloso e infognato in un mestiere dai risvolti opachi, fiuta insidie anche nelle domande apparentemente innocue. Nega tutto e non si accorge che, in poche mosse, potrebbe finire confinato in una posizione insostenibile, da dove minacciano di sradicarlo finanche gli avvocati di Marcello Dell’Utri che, dicono, di "non escludere di convocarlo come testimone" in un processo che non ha ancora liberato tutta la sua esplosività.

Beppe Grillo in Commissione al Senato per Parlamento Pulito

di Beppe Grillo (www.beppegrillo.it)

Oggi alle ore 14.30 sono stato ricevuto dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato per discutere della proposta di legge di iniziativa popolare “Parlamento Pulito” che giace al Senato da 18 mesi.

Il testo del mio intervento:
“Quasi due anni dopo la raccolta delle firme per la legge di iniziativa popolare Parlamento Pulito ho l’onore di essere ricevuto e ascoltato come primo firmatario della proposta di legge. Due anni per parlare alla Commissione Affari Costituzionali. Una Commissione che valuterà le tre richieste: nessun condannato in Parlamento, limite di due legislature per ogni parlamentare, elezione nominale del candidato. Due anni di attesa per una legge firmata da 350.000 persone. E’ uno scandalo che 350.000 cittadini italiani non siano stati neppure considerati per due anni. E’ uno scandalo che in Parlamento siano presenti 20 condannati in via definitiva e prescritti come Berlusconi, D’Alema, Andreotti. E’ uno schifo che 70 tra i nostri rappresentanti siano condannati in primo e secondo grado o indagati. Cuffaro e Dell’Utri sono senatori per meriti giudiziari, condannati in primo grado per relazioni mafiose. Questa Commissione, questo Parlamento, non hanno nulla a che fare con la democrazia. sei persone hanno deciso i nomi di chi doveva diventare deputato e senatore. Hanno scelto 993 amici, avvocati e scusate il termine, qualche zoccola, e li hanno eletti. Li hanno eletti loro, non i cittadini che non hanno potuto scegliere il loro rappresentante. Cari membri della Commissione, siete illegali, incostituzionali, anti democratici, Per rispetto a voi stessi e agli italiani dovreste dimettervi al più presto. Luigi De Magistris e Sonia Alfano sono due italiani per bene eletti da tanti cittadini per bene. Dovreste cominnciare a preoccuparvi di questi cittadini. De Magistris ha avuto 450.000 voti, il secondo in Italia, Alfano 165.000 voti, la prima donna in Italia. Chi si è recato alle urne ha potuto sceglierli. Perchè questo non deve essere possibile anche per il Parlamento italiano? I partiti hanno occupato la democrazia, è tempo che tolgano il disturbo. La politica non è un mestiere. Due legislature sono dieci anni. Un lungo periodo, più che sufficiente per servire il Paese, lo fu per De gasperi, poi si ritorna alla propria professione. Voi che mi ascoltate sapete molto bene che molti deputati e senatori hanno il doppio stipendio come Mavalà Ghedini che prende i soldi da deputato e da avvocato dello psiconano. I parlamentari percepiscono un lauto stipendio pagato con le nostre tasse per lavorare per noi in Parlamento, non per lavorare in nero.
Oggi, mentre sono qui per chiedere la semplice attuazione della democrazia e il rispetto della Costituzione, oggi viene approvata in Parlamento una legge che limita le inttercetttazioni e mette il bavaglio all’informazione. Io farò disubbidienza civile. Il primo pensiero dello psiconano non è il Paese, ma sempre e solo non farsi beccare. Avete approvato il Lodo Alfano per evitare che Berlusconi finisse in galera e adesso volete limitare il diritto del cittadino di essere informato.
La marea sta montando, lo psiconano può fare comizi ormai solo nelle piazze chiuse, in cui fa entrare, come a Firenze, come a Prato, solo la sua claque. Lo difendono la sua scorta e gli avvocati. Gli sono rimastti solo quelli insieme a uno stuolo di giornalisti definiti “servi” dalla stampa estera. Gli italiani non stanno più con lui e tanto meno con chi gli ha permesso come Violante e Fassino per quindici anni di superare ogni conflitto di interessi.
Lì fuori c’è qualche milione di persone che vuole restaurare la democrazia. Non vi chede di dargli ascolto. Ve lo ordina. Vi ordina, perchè voi siete loro dipendenti, di portare la proposta di legge Parlamento Pulito al più presto in Senato e di farla discutere pubblicamente. In modo che ogni italiano tragga le sue conclusioni e sappia chi è contro la democrazia e chi no. E’ una delle ultime occasioni che avete per salvarvi almeno la faccia. Io ho fiducia negli italiani. Sapranno cacciare, spero con metodi democratici, chi oggi occupa abusivamente le istituzioni e ci rende lo zimbello del mondo. Il tempo e gli eventi stanno precipitando. La disoccupazione è diventate un’epidemia. Mentre voi incassate il vostro stipendio per girarvi dall’altra parte operai e imprenditori si suicidano. Persino il Gran Consiglio seppe cacciare Mussolini per istinto di sopravvivenza. Ascoltate la voce del Paese finchè siete ancora in tempo.”