Archivio mensile:luglio 2009

Chiediamo al Prefetto la convocazione del "Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica"

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Michele Palmiotti

Dopo una settimana, dai gravi atti intimidatori indirizzati al nostro Movimento, la città è ancora vittima, non solo, di rapine e continue azioni di occupazioni abusive del territorio, ma di un nuovo e inquietante episodio.
Sarebbe troppo facile pensare alla mano di un piromane solitario che ieri ha messo fuoco a ciò che resta dell’ex stabilimento balneare Park Club, se questo non fosse al centro di una richiesta di lottizzazione residenziale da parte di alcuni imprenditori del mattone.
Ma, anche questi ultimi episodi, saranno interpretati e commentati dal nostro sindaco e dalla sua maggioranza come eventi di routine che non destano preoccupazione. Certamente non si può aspettare altro da un sindaco che ha nominato appena una settimana fa il neo assessore Michele Palmiotti  dimenticando il suo passato. Giusto per rinfrescare la memoria, a qualcuno, riportiamo i fatti di cronaca così come ne parlava la stampa locale dell’epoca.

Michele Palmiotti nell’ottobre del 2005, in veste di  presidente della Molfetta Multiservizi Spa, società a prevalente partecipazione pubblica, fu arrestato e posto ai domiciliari dai Carabinieri in seguito alle indagini nell’ambito dell’operazione “By Pass” del 6 ottobre dello stesso anno, quando finirono in manette o ai domiciliari 11 appartenenti ad una organizzazione criminale accusati di associazione a delinquere finalizzata alle estorsioni, alla ricettazione e ai furti.

Il provvedimento fu emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani Michele Nardi, su richiesta del Pm Giuseppe Maralfa. Secondo gli inquirenti, Palmiotti, dopo che ai danni dell’azienda furono commessi i furti di un furgone Iveco e di altre due autovetture con conseguente richiesta di un riscatto, avrebbe aiutato il pluripregiudicato Saverio Piccininni, detto “Settpont”, a eludere le indagini dei Carabinieri sugli episodi di ricettazione ed estorsione di cui l’uomo si sarebbe reso responsabile, insieme agli altri pregiudicati Michele Laforgia e Giuseppe Cuocci.

Palmiotti fu indagato, inoltre, per aver omesso di denunciare all’autorità giudiziaria di avere ricevuto richieste estorsive per ottenere la restituzione del furgone rubato e degli altri due veicoli e di violazione della legge elettorale (voto di scambio).

Da candidato, nel collegio di ponente di Molfetta, alla Provincia di Bari nelle elezioni del 2004, avrebbe promesso al pregiudicato Piccininni un posto di lavoro per la moglie in cambio di collaborazione nella propaganda elettorale. Il provvedimento cautelare si rese necessario per il pericolo di reiterazione del reato, oltre che per il grave quadro indiziario.
Il giudice Nardi, nell’ordinanza, evidenzia come "il comportamento di Palmiotti comprometteva l’immagine delle istituzioni ed innescava un ingiustificato ma inevitabile senso collettivo di sfiducia verso un’intera classe politica".

Riteniamo che il Sindaco Azzollini avrebbe dovuto fare proprio il giudizio del giudice Nardi e, per ragioni etiche, tenere fuori dalla Giunta Comunale Michele Palmiotti.
Evidentemente il Sindaco non teme il “senso collettivo di sfiducia verso un’intera classe politica” perché, tanto, tutti i suoi uomini godono di ottima salute elettorale con i loro pacchetti di voti che resistono ai cambi di casacca, alle inchieste giudiziarie e agli umori della politica. A Molfetta i pacchetti di voti sono una dote ereditaria che molti candidati mantengono per tutta la loro carriera politica, anche se passano da destra a sinistra e da sinistra a destra.

Contrariamente a questa visione della politica e della realtà locale, il Liberatorio Politico ritiene che la città sia scivolata verso livelli mai toccati prima di degrado sociale, di dissesto territoriale e di illegalità diffusa sino ai limiti di pericolose contiguità tra la politica e criminalità; l’idea stessa della politica è squalificata e sempre più associata alle logiche dell’astuzia affaristica.
Il Sindaco non chiederà mai al Prefetto di convocare il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica e allora lo facciano i partiti e i movimenti così come è accaduto nel dicembre del 1995.

Per questo motivo e per altre iniziative  invita le forze politiche ancora sane e democratiche, i movimenti, le associazioni di base e tutti i liberi cittadini a mobilitarsi e partecipare all’assemblea pubblica, già programmata nei giorni scorsi, prevista per sabato 1 agosto alle ore 18.00 presso la sede del Liberatorio, in via Campanella 50.

Molfetta, il bagno a mare fa ancora paura

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di Lucrezia d'Ambrosio (www.lagazzettadelmezzogiorno/…)

MOLFETTA – Il mare torna a fare paura. È di nuovo allarme ostreopsis, l’alga tossica che provoca febbre, problemi intestinali, bruciore alla gola e difficoltà respiratorie. Sono decine le persone rimaste intossicate nell’ultima settimana. La presenza dell’alga, secondo gli esperti, non è assolutamente riconducibile alla presenza, nei fondali del litorale molfettese, di ordigni di ogni tipo. Non lo è neanche la fioritura eccezionale dell’alga che provoca poi, per aerosol, problemi ai bagnanti e a quanti si fermano vicino al mare anche solo per passeggiare.

Sta di fatto che, solo per fare un esempio, ad oggi non si conoscono ancora le cause dell’infiammazione vaginale che, il 27 luglio dello scorso anno, ha costretto due donne a fare ricorso a cure mediche. Una delle due donne ha dovuto anche sottoporsi ad intervento chirurgico per asportare parte dei tessuti vaginali contaminati da una sostanza chimica non meglio definita. Quelle due donne avevano trascorso qualche ora in spiaggia, in località Gavetone, il tratto di mare negli anni scorsi sottoposto a bonifica di ordigni bellici, inserito nella mappa dei siti ancora da bonificare.

https://i0.wp.com/www.lagazzettadelmezzogiorno.it/foto/28125.jpgE non si conoscono ancora le cause delle piaghe che si aprirono sulle mani dei pescatori nell’autunno scorso. Anche in quel caso si parlò di ostreopsis. Questo significa che eccezionali fioriture possono anche provocare piaghe ai bagnanti. I dati diffusi dall’agenzia regionale per l’ambiente, in relazione alla presenza di ostreopsis, fanno riferimento ad analisi sulle acque effettuate fino alla prima metà di luglio in località Prima Cala. La presenza delle cellule di ostreopsis in quel tratto di mare è modesta. Nessuna campionatura di acque è stata fatta, almeno non risulta dai dati pubblicati sul sito dell’Arpa, nel tratto di mare tra Molfetta e Giovinazzo e in prossimità di Torre Gavetone.

Ed è proprio lì che si registra il maggior numero di persone colpite dall’alga killer. Sarà forse una coincidenza, ma le cose stanno così. Non tutti i bagnanti fanno ricorso ai medici del pronto soccorso. Molti si rivolgono al medico di famiglia, altri fanno da soli. Le segnalazioni di casi sospetti continuano ad aumentare e viaggiano anche su facebook, la piazza virtuale dove si può sapere tutto di tutti e le notizie corrono veloci.

Di mare, di ordigni, di alga tossica si discuterà venerdì, di fronte al porto, sulla banchina seminario. Sarà Matteo d’Ingeo, il coordinatore del Liberatorio politico, lo stesso che l’anno scorso investì l’Arpa dei problemi di salute delle due donne rimaste ustionate dopo essersi bagnate al Gavetone, ad illustrare gli aspetti principali di un dossier realizzato sulle condizioni nel mare a Molfetta. Tutto questo mentre è stata avviata la «fase due» del piano, di bonifica da ordigni bellici nel Porto di Molfetta.
La prima fase si è conclusa sabato scorso con il disinnesco e il brillamento di altri cinquanta ordigni bellici. Le operazioni di bonifica sono cominciate a luglio del 2008. Ad oggi sono stati recuperati e brillati 2500 ordigni, alcuni caricati con sostanze chimiche. Un particolare: gli involucri degli ordigni sono di metallo, spesso, lo ammette anche la Nato in documenti ufficiali, non superano i tre millimetri. Quegli ordigni sono in mare da oltre mezzo secolo. Da ingenui pensare che quegli involucri siano ancora integri.

Tra bombe chimiche e alghe tossiche, quale futuro per il nostro mare

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Lettera aperta al Sindaco di Molfetta

Le temperature alte degli ultimi dieci giorni hanno già creato le condizioni ottimali per la diffusione della “Ostreopsis ovata” (alga tossica) e negli ultimi due weekend il maestrale ha cominciato a creare il subdolo aerosol che ha già fatto registrare numerosi casi di malessere con problemi respiratori, gastroenterici, febbre e bruciori vari. Sono stati numerosi i casi di cittadini che si sono recati al Pronto Soccorso con una scala sintomatologica che andava dal semplice mal di gola, laringiti e faringite, a casi più gravi con febbre fino a 40 gradi, tosse e generale spossatezza.
Ormai sono tre anni che conviviamo con tale straordinario evento e Lei, Sindaco, ancora una volta è latitante nella Sua veste di primo responsabile della salute pubblica cittadina. Del resto siamo abituati alla Sua latitanza non solo da certe sedi istituzionali ma anche nelle pratiche di rispetto del bene comune.
Esattamente un anno fa siano stati costretti a denunciare la grave mancanza dell’amministrazione comunale per la ritardata emissione delle norme preventive in caso di sintomatologia ricollegabile all’alga tossica. Solo il 26 agosto, praticamente a fine stagione, furono affissi in città i manifesti di prevenzione.
Ad oggi, non abbiamo ancora nessun tipo di attività preventiva.
Ma la salute dei cittadini molfettesi diventa sempre più a rischio per la concomitante presenza nel nostro mare non solo dell’alga tossica ma anche delle bombe a caricamento chimico della seconda guerra mondiale.
Proprio oggi, dal palazzo di città, è stato diramato un comunicato stampa che preannunciava l’inizio della seconda fase di bonifica degli ordigni bellici nella zona portuale, rassicurando la cittadinanza che non vi è presenza di bombe caricate ad iprite.
Purtroppo, per una corretta informazione, dobbiamo rettificare quanto detto dal Suo addetto stampa perché da altre fonti si apprende che, oltre le bombe, cominciano a riemergere fusti contenenti pericolosissime sostanze chimiche tossiche.
Forse Lei fa finta di non sapere che nel nostro mare, nonostante la bonifica, ci sono ancora migliaia di bombe a caricamento chimico e fusti che contengono fosgene, disfogene ed altre sostanze chimiche che sono dei potenti gas soffocanti.
Alcuni di questi fusti, come nel caso delle bombe, sono aperti e le sostanze contenute sono state già disperse nel nostro mare.
Alla luce di queste allarmanti notizie si chiede di conoscere con urgenza ciò che abbiamo già chiesto un anno fa senza ricevere alcuna risposta e cioè:

• conoscere quanto prima i divieti di balneazione su tutto il nostro litorale con le relative motivazioni;
• conoscere lo stato di salute del nostro mare con i risultati delle analisi dell’acqua eseguiti dalla locale ASL e Arpa Puglia, in riferimento anche alla presunta presenza di sostanze tossiche provenienti dal materiale bellico a caricamento chimico presente nei nostri fondali;
• conoscere gli esiti degli esami tossicologici eseguiti dalle autorità preposte sul pesce pescato e venduto nel nostro territorio;
• conoscere il numero, la tipologia, il sito di ritrovamento e il tipo di caricamento degli ordigni ritrovati sui fondali del nostro mare durante l’operazione di bonifica in atto;
• conoscere i tempi e le modalità delle successive azioni di bonifica, in particolare quelle riguardanti lo specchio d’acqua antistante Torre Gavetone.

Inoltre chiediamo che sia effettuato il monitoraggio per l’alga tossica e per l’eventuale presenza di sostanze tossiche nelle acque di Torre Gavetone, oltre quelle già previste dall’ARPA PUGLIA nelle acque della Prima Cala.

In caso di mancato riscontro alle nostre richieste in occasione della manifestazione pubblica prevista per il 31 luglio renderemo note le forme con cui si denunceranno le gravi omissioni dell’amministrazione comunale agli organi giudiziari competenti. Non è una minaccia, ma una promessa.

Passaparola – La fine della Mondadori

Sommario della puntata:
Il furto della Mondadori
Un miliardo di euro di danni (a spese nostre?)

L’utilizzatore finale

Testo:
“Buongiorno a tutti. Utilizziamo i passaparola di questo periodo vacanziero per fare degli appuntamenti un po’ più brevi del solito e per dare una sistematina a alcune questioni pendenti, che spesso ricorrono anche nelle vostre domande, nei vostri post, nelle vostre richieste di spiegazioni.
Quella di cui voglio parlarvi oggi è la faccenda Mondadori, perché sta per arrivare a sentenza – non si sa ancora se prima o dopo le ferie – una vicenda che potrebbe chiudere la famosa guerra di Segrate, la guerra che, tra il 1989 e il 1990, contrappose De Benedetti a Berlusconi per il possesso della Mondadori: qualcuno ricorderà come era iniziata, ve la sintetizzo.

Il furto della Mondadori

Nell’89 Berlusconi prende una piccola quota della Mondadori, il mandato che si è dato e che gli ha dato anche Craxi dopo l’occupazione di tutte le televisioni private è quello di mettere le mani anche sul più grande gruppo editoriale italiano che, in quel momento, pubblicava Repubblica, Espresso, Epoca, Panorama, una quindicina di giornali locali, quelli del gruppo Finegil e poi tutto il ramo libri, perché era un gruppo dove la libertà di stampa era una cosa seria e quindi era un gruppo giornalistico e editoriale che faceva le pulci al Caf di Craxi, Andreotti e Forlani e che, conseguentemente, Craxi voleva ricondurre all’obbedienza, come aveva fatto con le televisioni private. Berlusconi speranze di occupare la Mondadori al 100% e neanche di ottenere la maggioranza non ne aveva, perché gli eredi Mondadori, gli eredi di Arnoldo, la famiglia Mondadori Formenton si era già impegnata per iscritto a cedere a De Benedetti la maggioranza azionaria di quelle quote entro il 1990 e quindi Berlusconi avrebbe potuto soltanto avere una quota minoritaria. Ma lui non si perse d’animo e, con le sue solite arti persuasive, per usare un eufemismo, convinse gli eredi Mondadori a promettere per iscritto a lui ciò che avevano appena promesso a De Benedetti. Contenzioso, si decise tra le due parti in lite di affidarlo a un arbitrato, ossia a una soluzione extragiudiziale, i tre arbitri, scelti uno da una parte, uno dall’altra parte e l’altro scelto dal Tribunale, il Presidente del collegio arbitrale, emisero il famoso Lodo Mondadori che dava ragione a De Benedetti e quindi quest’ultimo tornò in possesso della casa editrice. A quel punto Berlusconi rovesciò il tavolo e impugnò il tutto davanti Corte d’Appello di Roma, la Corte d’Appello di Roma, Sezione Civile, fu chiamata a confermare o a bocciare il Lodo e a occuparsene fu chiamato un giudice amico di Cesare Previti, il giudice Vittorio Metta il quale, in una sentenza fulminea, riuscì a ribaltare il Lodo, a cancellarlo e quindi a sfilare la Mondadori dalle mani di De Benedetti e a consegnarla a Berlusconi.
Subito dopo questa sentenza Metta ricevette 420 milioni di lire in contanti provenienti da fondi neri del gruppo Fininvest in Svizzera, a portarli in Italia era stata una complessa operazione finanziaria che aveva coinvolto tutti e tre gli Avvocati della Fininvest: Previti, Pacifico e Acampora.

Il fatto che questa sentenza fosse piuttosto puzzolente derivò anche dal fatto che fu depositata, nei primi giorni del 1990, 24 ore dopo la Camera di Consiglio, ossia il giudice entrò in Camera di Consiglio e ne uscì 24 ore dopo con una sentenza scritta a mano di 180 pagine: è segno che o era meglio di Balzac e era riuscito a scrivere a mano in una sola notte 180 pagine, anzi scusate 169 pagine, oppure quella sentenza l’aveva scritta prima o magari non l’aveva neanche scritta lui e, in effetti, pare che fosse stata scritta o suggerita dagli Avvocati della Fininvest, che poi lo corruppero in cambio di quella sentenza comprata. Risultato: Berlusconi si trova in mano il gruppo Mondadori, spaventa la parte della Democrazia Cristiana che vede con sospetto l’ascesa di Craxi e quindi Andreotti, alla fine, impone al ladro di restituire una parte del maltolto: è un po’ come imporre a uno che ha rubato una macchina di restituire il tubo di scappamento, il cambio e il volante. Berlusconi e soci restituirono Repubblica, L’Espresso e i giornali Finegil, mentre del gruppo Mondadori si tenne tutto il resto dei giornali, compresi Panorama e Epoca, che all’epoca andavano molto forti e poi tutto il ramo libri. Dal 1990 Berlusconi è proprietario di una casa editrice che è stata rubata a De Benedetti con una sentenza comprata: questo è il quadro.

Un miliardo di euro di danni (a spese nostre?)

Molti chiedono: ma perché De Benedetti non l’ha richiesta indietro? E’ possibile che la Cassazione abbia condannato il giudice Metta per corruzione giudiziaria, gli Avvocati Previti, Pacifico e Acampora per averlo corrotto per conto di Berlusconi con soldi di Berlusconi per procacciare la Mondadori a Berlusconi e De Benedetti non chieda la Mondadori indietro? In realtà non è così semplice: non si può chiedere indietro la macchina rubata, anche perché nel frattempo la macchina ha cambiato fisionomia. Sicuramente si possono chiedere i danni e infatti De Benedetti, dopo che la Corte di Cassazione ha stabilito non solo che gli Avvocati di Berlusconi e il giudice Metta erano colpevoli di corruzione, ma la Corte di Cassazione ha anche stabilito – cito testualmente – “il diritto di De Benedetti a avere indietro, in separata causa civile, il danno emergente e il lucro cessante”. E’ evidente, il danno che ti hanno portato via la roba e, nello stesso tempo, il fatto che tu per anni non hai potuto introitare gli utili di un gruppo che sarebbe stato tuo, se quella sentenza non te l’avesse sottratto. “Sotto una molteplicità di profili relativi non solo ai costi di cessione della Mondadori, ma anche ai riflessi della vicenda sul mercato dei titoli azionari”. E’ ovvio che il gruppo Fininvest, avendo un colosso in più nel suo seno, ha potuto prosperare anche dopo la quotazione in borsa di Mediaset nel 1996 e invece De Benedetti, con la sua Finanziaria – la Cir -, si è visto portare via due gioiellini da niente: prima la Mondadori, anzi prima la Sme e poi la Mondatori, sempre per l’intervento di Berlusconi, più o meno pilotato da Craxi.
Questa causa civile è una causa della quale nessuno parla: ne ha parlato Rinaldo Gianola su L’Unità l’altro giorno e era, credo, il primo articolo dopo anni, per dire che la causa c’è e anzi, sta per andare in decisione; l’istruttoria è finita e il giudice monocratico Raimondo Mesiano, della Decima Sezione Civile del Tribunale di Milano, è in fase di decisione, sta decidendo. Sta decidendo su che cosa? Sul fatto che la Cir di De Benedetti, tramite gli Avvocati Elisabetta Rubini e Vincenzo Roppo, ha quantificato il danno che De Benedetti chiede indietro. Sono 468.000 e rotti Euro, che poi vanno naturalmente adeguati agli interessi e alla rivalutazione monetaria e che quindi ammontano a 1 miliardo di Euro, sono circa duemila miliardi di vecchie lire e questo De Benedetti chiede a Berlusconi, che non solo gli ha fregato la Mondadori, ma poi se la è tenuta e ci ha guadagnato per venti anni e continua a guadagnarci tutt’ora. La causa la Cir l’ha intentata solo alla Fininvest e non anche alle persone che, materialmente, hanno compravenduto la sentenza: perché? Perché sia Previti, sia Pacifico e sia Acampora e sia Metta risultano praticamente quasi nulla tenenti e quindi è inutile andare a cercare dei soldi, perché evidentemente o non li hanno o li hanno fatti sparire. Il problema è che poi c’è il comportamento di Metta, che era un giudice quando si è venduto la sentenza e quindi potrebbe doverne rispondere lo Stato del danno che Metta ha inferto al gruppo De Benedetti e lo Stato in questo momento è rappresentato da Berlusconi, conseguentemente è possibile che il governo Berlusconi sia chiamato, tramite il Ministero della Giustizia, a rifondere i danni che Metta ha provocato per essere stato pagato dal gruppo Berlusconi e questo è uno dei tanti aspetti paradossali della vicenda. Ma naturalmente, se per caso dovesse esserci una condanna del gruppo Fininvest a rifondere i danni a De Benedetti per la faccenda Mondadori beh, il gruppo Berlusconi ne avrebbe, a suo volta, un bel contraccolpo: già sono in difficoltà per la causa di divorzio di Veronica, che ogni settimana segna le novità che emergano sugli scandali di puttanopoli etc. etc. e, dall’altra, avrebbe pure questa mazzata, sempre nel caso che il gruppo venisse condannato, naturalmente.

L’utilizzatore finale

La cosa interessante è che, a questo punto, rimane in sospeso una domanda: dice, ma Berlusconi, che era il mandante, il finanziatore e il destinatario, diciamo l’utilizzatore finale di quella sentenza comprata, è possibile che l’abbia fatta franca? Sì, è possibile, perché ha incontrato dei giudici spiritosi della Corte d’Appello di Milano che, nel 2001, tra il 2001 e il 2002, adesso non ricordo esattamente la data, hanno stabilito che lui ha diritto alla prescrizione, perché ha le attenuanti generiche, perché gli hanno dato le attenuanti generiche? Perché è uno che per la sua posizione sociale di per sé le merita e poi perché, scrivevano i giudici, a Roma si sapeva che molti giudici erano corrotti e quindi così fanno tutti, invece che un’aggravante diventa addirittura un’attenuante. E’ uscito ufficialmente dal processo, ma poi , quando si sono dovuti giudicare i suoi complici, il giudice Metta e gli Avvocati Previti, Pacifico e Acampora, i giudici hanno dovuto pronunciarsi anche sul ruolo che ha avuto Berlusconi in questa vicenda e abbiamo una sentenza definitiva della Corte d’Appello di Milano, che è stata confermata ormai due anni fa, anzi tre anni fa dalla Corte di Cassazione, nella quale c’è scritto “Silvio Berlusconi, nei cui confronti è stata emessa sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, che ben poteva chiarire la causale del bonifico addebitato da conto non ufficiale del suo gruppo – i soldi che sono poi finiti al giudice Metta – dopo aver concordato la data del suo esame – cioè del suo interrogatorio – comunicava tramite i suoi legali la volontà di avvalersi della facoltà di non rispondere”. Quando gli fanno quelle domande lui non risponde mai, anche quando gli hanno chiesto da dove arrivassero i famosi soldi negli anni 70 e 80.
“Il percorso del denaro dai vari conti Svizzeri”, scrivono i giudici, “costituisce un imponente quadro indiziario preciso, univoco e concordante, tale da assurgere a piena prova e consente di affermare che il giudice Metta ha venduto agli stessi intermediari, nello stesso periodo, anche la causa Mondadori”, dopo essersi venduto pure la causa Imi-Sir, pochi mesi prima. Aggiungono poi, i giudici, che “ Berlusconi è, in questa vicenda, un privato corruttore” e quindi risponde non di corruzione giudiziaria, ma di corruzione semplice, sulla quale ha avuto la prescrizione per le attenuanti generiche, esattamente come Previti, Pacifico e Acampora, che però non hanno avuto le attenuanti generiche e quindi sono stati condannati. Scrivono i giudici “ l’attività degli estranei nella consegna del compenso illecito si sostituisce a una condotta che, altrimenti, sarebbe giocoforza posta in essere in via diretta dal privato interessato”, cioè da Berlusconi, quindi usava degli intermediari. E’ un po’ come nella storia della D’Addario, no? C’è il pappone che paga e c’è l’utilizzatore finale che tromba, ma non deve neanche sporcarsi le mani con i soldi.

“La retribuzione del giudice corrotto è fatta nell’interesse e su incarico del corruttore”, il corruttore è il nostro Presidente del Consiglio, tanto perché sia chiaro e poi “niente generiche agli intermediari e al giudice, perché- scrivono i magistrati – l’enorme gravità del reato e la gravità del danno arrecato non solo alla giustizia, ma all’intera comunità, minando i principi posti alla base della convivenza civile, secondo i quali la giurisdizione è valore e presidio a tutela di tutti i cittadini, ma un conseguente ulteriore profilo di gravità per l’enorme nocumento cagionato alla controparte – cioè a De Benedetti – nella causa civile e per le ricadute sul sistema editoriale italiano, trattandosi di una controversia, la cosiddetta guerra di Segrate, finalizzata al controllo dei mezzi di informazione” e poi ancora “niente attenuanti per la spiccata intensità del dolo”, ossia della volontà di fare un reato grave“ e ancora per i motivi a delinquere determinati solo dal fine di lucro e, più esattamente, dal fine di raggiungere una ricchezza mai ritenuta sufficiente” e ancora “per i comportamenti processuali tenuti da Previti e dagli altri” che, invece di comportarsi bene, “hanno continuato – scrivono i giudici – a rendere continue e spudorate menzogne” e poi per il precedente penale specifico da parte di tutti i protagonisti condannati, Metta e i tre Avvocati, che si erano appena compravenduti l’altra sentenza, quella dell’Imi-Sir per conto della famiglia Rovelli.
Quindi capite che qui stiamo parlando di un qualcosa che è già stato accertato giudiziariamente e che va soltanto quantificato dal giudice civile. Vedremo se si troverà un giudice coraggioso che avrà il coraggio, finalmente, di stabilire non soltanto che la Mondatori è stata rubata, non soltanto che a compravendere quella sentenza furono quel giudice e quei tre Avvocati di Berlusconi, ma che oggi il gruppo Berlusconi deve finalmente, con quasi venti anni di ritardo, risarcire chi è stato derubato. Passate parola e continuate a frequentare il sito antefatto.it per seguire passo passo la campagna abbonamenti e i primi inizi, i primi passi del nostro futuro quotidiano, Il Fatto Quotidiano. Grazie.”

Ps. La puntata di oggi è stata registrata lunedì 20 luglio 2009.

Noi non ci fermiamo

MOLFETTA. "Siamo tutti Matteo d’Ingeo"            

di Redazione (www.ilfatto.net/…)

Giovedì 23 Luglio 2009 13:26

Molfetta- Continuano a giungere messaggi di solidarietà nei confronti di Matteo d’Ingeo, coordinatore del Liberatorio Politico, che nella giornata di ieri ha ricevuto da una mano anonima un biglietto minatorio ed un proiettile.

Il circolo "Palestina Libera" di Rifondazione Comunista, ha espresso in una nota stampa, "massima solidarietà nei confronti di Matteo D’Ingeo che è stato oggetto di un grave atto intimidatorio. Purtroppo il portare avanti un precisa e puntuale opera di denuncia dell’illegalità, è diventata colpa grave nella nostra città".

"E’ questo soltanto l’ultimo episodio di un escalation -prosegue la nota- che ci da l’esatta dimensione del degrado morale e civile in cui versa la nostra comunità. Tutto ciò non accade per caso, è la diretta conseguenza dell’operato di questa maggioranza che ci governa, che ha fatto della guerra senza quartiere contro tutte le istituzioni e organismi tecnici che si permettono di fare dei rilievi, il tratto più caratterizzante della sua azione politico- amministrativa".

"Ma non basta. La mancata redazione del piano commercio ha fatto diventare il commercio ambulante nella nostra città,  una questione privata tra gli operatori del settore. Vige infatti la legge della giungla,spacciata dal sindaco come attenzione alle esigenze di chi vuol lavorare. Tutti hanno diritto di lavorare ma non a scapito delle regole e dell’interesse pubblico. E’ necessario che si apra una discussione sullo stato della legalità e dell’ordine pubblico che coinvolga tutte le forze sane della città".

Anche i Cobas della Scuola di Molfetta in un comunicato "esprimono solidarietà e vicinanza a
Matteo d’Ingeo e al Liberatorio Politico, oggetti di un grave atto di intimidazione da parte di forze occulte tese a creare un clima di intimidazione nei confronti di coloro che si battono per il rispetto della legalità e delle regole di convivenza civile".

"I Comitati di Base della scuola chiedono alle Istituzioni e ai cittadini di Molfetta atti concreti per il ripristino della legalità. Siamo tutti Matteo d’Ingeo".

In ultimo il Partito Democratico di Molfetta "esprime la sua più convinta solidarietà a Matteo D’Ingeo, coordinatore del movimento Liberatorio Politico, vittima di un vile attentato intimidatorio e condanna con fermezza questo inconcepibile episodio che testimonia, ancora una volta, il livello di degrado che la nostra città sta progressivamente raggiungendo".

"A questo proposito -prosegue il PD- suonano ipocrite e false le parole espresse dall’amministrazione comunale che, disinteressandosi completamente del problema sicurezza in città e lasciando che l’occupazione sistematica del territorio prosegua senza alcun limite, ha di fatto creato le condizioni perché qualcuno si senta legittimato a compiere gesti eclatanti, come minacciare chi conduce con coraggio le sue battaglie per la legalità".

"Piuttosto che lasciarsi andare a inutili e improduttive dichiarazioni, l’amministrazione comunale farebbe bene a compiere il proprio dovere fino in fondo, affrontando una volta per tutte il nodo dell’abusivismo commerciale nella nostra città ad opera dei “soliti noti”. Solo così potrà creare le condizioni necessarie perché episodi come quello che ha visto vittima D’Ingeo non abbiano mai più a ripetersi".

Rifondazione Comunista condanna il grave gesto intimidatorio a D’Ingeo

di Redazione (www.laltramolfetta.it/…)

23/07/2009
Riceviamo e pubblichiamo:

"Il circolo “Palestina Libera” di Rifondazione Comunista esprime massima solidarietà nei confronti di Matteo D’Ingeo che è stato oggetto di un grave atto intimidatorio.
Purtroppo il portare avanti un precisa e puntuale opera di denuncia dell’illegalità, è diventata colpa grave nella nostra città.
E’ questo soltanto l’ultimo episodio di un escalation, che ci da l’esatta dimensione del degrado morale e civile in cui versa la nostra comunità.
Tutto ciò non accade per caso, è la diretta conseguenza dell’operato di questa maggioranza che ci governa, che ha fatto della guerra senza quartiere contro tutte le istituzioni e organismi tecnici che si permettono di fare dei rilievi, il tratto più caratterizzante della sua azione politico- amministrativa.
Ma non basta. La mancata redazione del piano commercio ha fatto diventare il commercio ambulante nella nostra città, una questione privata tra gli operatori del settore.
Vige infatti la legge della giungla,spacciata dal sindaco come attenzione alle esigenze di “chi vuol lavorare.
Tutti hanno diritto di lavorare ma non a scapito delle regole e dell’interesse pubblico.
E’ necessario che si apra una discussione sullo stato della legalità e dell’ordine pubblico che coinvolga tutte le forze sane della città".

Il Partito Democratico esprime solidarietà a D’Ingeo

di Redazione (www.laltramolfetta.it/…)

23/07/2009
Riceviamo e pubblichiamo la seguente nota stampa diffusa dal locale circolo del Partito Democratico:

"Il Partito Democratico di Molfetta esprime la sua più convinta solidarietà a Matteo D’Ingeo, coordinatore del movimento Liberatorio Politico, vittima di un vile attentato intimidatorio e condanna con fermezza questo inconcepibile episodio che testimonia, ancora una volta, il livello di degrado che la nostra città sta progressivamente raggiungendo. A questo proposito suonano ipocrite e false le parole espresse dall’amministrazione comunale che, disinteressandosi completamente del problema sicurezza in città e lasciando che l’occupazione sistematica del territorio prosegua senza alcun limite, ha di fatto creato le condizioni perchè qualcuno si senta legittimato a compiere gesti eclatanti, come minacciare chi conduce con coraggio le sue battaglie per la legalità.
Piuttosto che lasciarsi andare a inutili e improduttive dichiarazioni , l’amministrazione comunale farebbe bene a compiere il proprio dovere fino in fondo, affrontando una volta per tutte il nodo dell’abusivismo commerciale nella nostra città ad opera dei “soliti noti”. Solo così potrà creare le condizioni necessarie perchè episodi come quello che ha visto vittima D’Ingeo non abbiano mai più a ripetersi".

Un proiettile recapitato per posta al coordinatore del «Liberatorio»

Un messaggio a D’Ingeo per le denunce sul commercio abusivo?
Le frasi minacciose sono state scritte su un foglio di carta igienica. Sull’episodio indagano i carabinieri della Compagnia

di Lucrezia d’Ambrosio (www.lagazzettadelmezzogiorno.it/…)

• M O L F E T TA . L’ogiva del proiettile era avvolta in alcuni strappi di carta igienica. Proprio lì, su quel pezzo di carta, qualcuno ha vergato il messaggio minatorio contro Matteo D’Ingeo, responsabile del «Liberatorio politico». La delinquenza locale prova ad alzare il tiro e punta dritto sulla persona che, da tempo, con le sue denunce pubbliche, evidenzia situazioni al limite della legalità.

Il proiettile, calibro 7,62 di quelli che si impiegano per i fucili, è stato sistemato nella buca della posta, della sede del «Liberatorio», in via Campanella. «Nella notte o nella tarda serata di ieri perché alle 19 – spiega D’Ingeo – quando sono venuto in sede per prendere alcune, cose non c’era niente». E’ stato trovato nella tarda mattinata proprio da D’Ingeo che ha poi chiamato i carabinieri che indagano. L’ogiva e il pezzo di carta sono stati sequestrati.

«Questo episodio – ha sottolineato Gianni Por ta, consigliere comunale di Rifondazione comunista – segna una escalation preoccupante che deve spingere il sindaco a richiedere quanto prima la convocazione del comitato per l’ordine e la sicurezza. L’amministrazione comunale e tutte le istituzioni devono dare
segnali di intransigenza. Non ci si può indignare solo nel momento in cui si verificano fatti come questo. Domani, in occasione della riunione del consiglio comunale, chiederò un intervento per fatto grave per la convocazione di un consiglio comunale monotematico per discutere della questione sicurezza a Molfetta, del piano del commercio».

Nel frattempo arrivano i messaggi di solidarietà. «Dobbiamo fare nostra la consapevolezza – ha commentato Renato De Scisciolo, presidente dell’associazione antiracket, destinatario anche lui nei mesi scorsi di un proiettile – che esiste qualcosa di più grande e di più importante della paura. Chi fa ricorso a messaggi minatori e si nasconde dietro un proiettile è fondamentalmente un vigliacco. Noi nelle nostre battaglie contro l’illegalità, il malaffare, il silenzio complice di chi spesso resta solo a guardare ma non muove un dito, ci mettiamo la faccia e il nome. Questi signori sanno solo colpire nell’ombra perché sanno di essere deboli alla luce del sole».

E c’è anche una nota del Comune. «Il sindaco Antonio Azzollini e tutta l’amministrazione comunale condannano con fermezza l’atto intimidatorio compiuto nei riguardi di Matteo D’Ingeo e del movimento “Liberatorio politico” ed esprimono sentimenti di indignazione per tutti gli atti di aggressione che ledono la dignità delle persone e l’immagine della città».


Undicesimo

(www.suitetti.blogspot.com/…)

L’undicesimo comandamento, ci insegnavano i bulli di quartiere, era: "Fatti i fatti tuoi" con l’aggiunta "che campi cent’anni".

Con questa scusa e col fatto che tutti "teniamo famiglia", tutti assuefatti da sempre a voltare la testa dall’altra parte. Altro che "I care"!!

Matteo non è così. Se non si batte, se non denuncia, se non smaschera, non è lui.

Averlo come collega è una bella avventura. Ha un difetto, anzi due: non si scoraggia mai e ti fa sentire terribilmente socialdemocratico. Ma lo rispettano anche i suoi avversari, perché tutti ammettono che è uno che se c’è da pagare, paga di persona.

Della solidarietà a parole non ha voglia né bisogno. Piuttosto tutti quanti, anche a costo di campare un giorno di meno, dovremmo dare il segnale che ci sono qui, nei nostri quartieri, dieci cento mille Matteo D’Ingeo.

Perché non ci possono ammazzare tutti.

Molfetta, proiettile intimidatorio inviato a Matteo d’Ingeo

Oggi conferenza stampa e assemblea al Liberatorio politico

di Redazione (www.quindici-molfetta.it/…)

23/07/2009

MOLFETTA -Un proiettile calibro 7,62 avvolto in un foglio di carta igienica con un messaggio di minacce è stato recapitato a Matteo d’Ingeo nella cassetta della posta del Liberatorio politico, di cui l’ex consigliere comunale è coordinatore.
Il proiettile è stato consegnato ai carabinieri per le relative indagini.
Il vile gesto intimidatorio potrebbe essere riconducibile ad alcune prese di posizione dello stesso d’Ingeo contro le bancarelle abusive di frutta e verdura e per la sua costituzione di parte civile in alcuni processi da “multopoli” a quello relativo all’usura.
A d’Ingeo è pervenuta la solidarietà dell’amministrazione comunale «il sindaco Antonio Azzollini e tutta l’amministrazione comunale – dice un comunicato – condannano con fermezza l’atto intimidatorio compiuto nei riguardi di Matteo d’Ingeo e del Movimento Liberatorio Politico ed esprimono sentimenti di indignazione per tutti gli atti di aggressione che ledono la dignità delle persone e l’immagine della città».
Anche Renato De Scisciolo, presidente dell’associazione provinciale Antiracket ha condannato l’episodio: «Chi fa ricorso a messaggi minatori e si nasconde dietro un proiettile è fondamentalmente un vigliacco. Episodi come questo non possono che turbare le nostre coscienze. Ma è proprio in questi momenti che non bisogna mollare. A Matteo d’Ingeo, coordinatore del Liberatorio Politico di Molfetta, va tutta la solidarietà mia e dell’associazione che rappresento. Dobbiamo fare nostra la consapevolezza che esiste qualcosa di più grande e di più importante della paura. Chi fa ricorso a messaggi minatori e si nasconde dietro un proiettile è fondamentalmente un vigliacco. Noi nelle nostre battaglie contro l’illegalità, il malaffare, il silenzio complice di chi spesso resta solo a guardare ma non muove un dito, ci mettiamo la faccia e il nome. Questi signori sanno solo colpire nell’ombra perché sanno di essere deboli alla luce del sole».

Anche il Partito Democratico esprime la sua solidarietà a Matteo D’Ingeo: "vittima di un vile attentato intimidatorio e condanna con fermezza questo inconcepibile episodio che testimonia, ancora una volta, il livello di degrado che la nostra città sta progressivamente raggiungendo. A questo proposito suonano ipocrite e false le parole espresse dall’amministrazione comunale che, disinteressandosi completamente del problema sicurezza in città e lasciando che l’occupazione sistematica del territorio prosegua senza alcun limite, ha di fatto creato le condizioni perché qualcuno si senta legittimato a compiere gesti eclatanti, come minacciare chi conduce con coraggio le sue battaglie per la legalità.
Piuttosto che lasciarsi andare a inutili e improduttive dichiarazioni , l’amministrazione comunale farebbe bene a compiere il proprio dovere fino in fondo, affrontando una volta per tutte il nodo dell’abusivismo commerciale nella nostra città ad opera dei “soliti noti”. Solo così potrà creare le condizioni necessarie perché episodi come quello che ha visto vittima D’Ingeo non abbiano mai più a ripetersi".

Il circolo “Palestina Libera” di Rifondazione Comunista esprime massima solidarietà nei confronti di Matteo D’Ingeo che è stato oggetto di un grave atto intimidatorio.
Purtroppo il portare avanti un precisa e puntuale opera di denuncia dell’illegalità, è diventata colpa grave nella nostra città.
E’ questo soltanto l’ultimo episodio di un escalation, che ci da l’esatta dimensione del degrado morale e civile in cui versa la nostra comunità.
Tutto ciò non accade per caso, è la diretta conseguenza dell’operato di questa maggioranza che ci governa, che ha fatto della guerra senza quartiere contro tutte le istituzioni e organismi tecnici che si permettono di fare dei rilievi, il tratto più caratterizzante della sua azione politico- amministrativa.
Ma non basta. La mancata redazione del piano commercio ha fatto diventare il commercio ambulante nella nostra città, una questione privata tra gli operatori del settore.
Vige infatti la legge della giungla,spacciata dal sindaco come attenzione alle esigenze di “chi vuol lavorare.
Tutti hanno diritto di lavorare ma non a scapito delle regole e dell’interesse pubblico.
E’ necessario che si apra una discussione sullo stato della legalità e dell’ordine pubblico che coinvolga tutte le forze sane della città".

Intanto il Libertaorio politico ha convocato una conferenza stampa e assemblea cittadina.
"L’avevamo denunciato nella manifestazione del 6 luglio scorso in occasione della commemorazione del 17° anniversario dell’omicidio del Sindaco Carnicella – dice il comunicato del Liberatorio -; la cronaca nera e gli atti intimidatori delle ultime ore ne sono la prova tangibile che a Molfetta il campanello d’allarme è già rosso fisso da parecchio tempo.
Avevamo intitolato quella conferenza pubblica “FATTI E MISFATTI IN UNA CITTA’ SENZA MEMORIA” perché abbiamo sempre creduto che questa città abbia perso, non solo, la propria memoria storica ma anche quella capacità di reagire con orgoglio ai tentativi di chi, a vario titolo, ha voluto e vuole ancora distruggere la nostra convivenza civile, la nostra laboriosità e soprattutto le nostre nobili radici.
Avevamo diffuso e riproposto sul sito del Liberatorio e su Facebook gli stralci di due documenti, che sono diventati nel tempo il simbolo della capacità del popolo molfettese nel saper reagire con fermezza nei momenti di grande difficoltà.
Nell’agosto ’92 la società civile molfettese reagì al tragico evento dell’omicidio del sindaco Carnicella con un manifesto sottoscritto da associazioni, movimenti e partiti (Casa per la Pace – Comitato di quartiere Molfetta Vecchia – Coop. La Meridiana – Lega per l’ambiente – Movimento insieme per la città – Movimento per la democrazione La Rete – Operatori della ludoteca – Pax Christi – PDS, unità di base Berlinguer – Teatrermitage – WWF) che diedero vita all’OSSERVATORIO 7LUGLIO SULL’ILLEGALITA’.

* * *
“L’OMICIDIO DEL SINDACO CARNICELLA segna un livello, finora mai raggiunto, di degrado della convivenza civile nella nostra città. Di fronte a questo episodio il nostro primo atteggiamento è di sdegno e di dolore per la vita spezzata oltre che di piena solidarietà con chi più duramente da esso è stato colpito.

A ciò si unisce, forte, un lacerante bisogno di verità. Verità sull’accaduto ma soprattutto sul clima nel quale è maturato e sui meccanismi che lo hanno generato.
E’ ormai innegabile che a Molfetta siano sempre più evidenti i segnali di una illegalità diffusa, dalla occupazione indebita di strade e piazze al racket delle estorsioni, dalle assunzioni clientelari al mercato drogato delle abitazioni di nuova costruzione.

E’ altrettanto innegabile che all’interno di vaste fasce di emarginazione e disgregazione sociale la delinquenza e la prevaricazione violenta diventano facile strumento per l’acquisizione di potere e ricchezza.

In questo clima, l’assassinio del Sindaco non è solo il gesto isolato di un folle; è il risvolto sanguinoso di una carriera affaristica cresciuta all’ombra di un sistema politico che usava e si lasciava usare; la collaborazione attiva alle campagne elettorali di noti esponenti politici locali e il monopolio detenuto da ben sette anni sugli appalti per l’organizzazione delle principali manifestazioni pubbliche sono dati di fatto che non si possono dimenticare.

Gianni Carnicella, che pure di quel sistema era parte integrante, ha forse pagato con la vita il tentativo coraggioso di invertire la tendenza. Oggi questo delitto rischia di bloccare il processo che era stato appena avviato. La paura potrebbe prendere il sopravvento.

Non dovrà essere così. Significherebbe consegnare la città e la vita di ognuno di noi al dominio dell’illegalità.
NON E’ PIU’ TEMPO DI INDIFFERENZA E DI DISIMPEGNO NE’ DI RASSEGNAZIONE. MOLFETTA DEVE REAGIRE.”

Il secondo documento si riferisce alla sintesi dell’appello per " RESTITUIRE LA CITTA’ AI CITTADINI " che nel 1993 ha rappresentato la parola d’ordine della " Primavera molfettese ".

…"Molfetta vive una fase importante della sua storia. Siamo a un bivio. Dobbiamo scegliere se continuare a percorrere le vecchie strade o imboccare quelle di una radicale trasformazione. Il ceto politico e affaristico che ha governato la città occupando ogni spazio della vita amministrativa, sociale, economica e culturale si sta disgregando. Anche a Molfetta, come nel resto del Paese, il sistema di potere fondato sulla corruzione, sulle clientele, sul voto di scambio è entrato in crisi, anche se non mancano i tentativi di tenerlo ancora in piedi. I danni provocati sono gravissimi: la città è scivolata verso livelli mai toccati prima di degrado sociale, di dissesto territoriale, e di illegalità diffusa sino ai limiti di pericolose contiguità tra la politica e criminalità; l’idea stessa della politica è squalificata e sempre più associata alle logiche dell’astuzia affaristica. Troppi sono stati coloro che hanno ceduto o non hanno saputo ascoltare, interpretare, aggregare e rappresentare a livello istituzionale il dissenso pure esistente nella città. In questi anni difficili, però, c’è stato anche un altro modo di fare politica, un’opposizione diffusa, che ha di volta in volta, assunto forme collettive o individuali, visibili o sommerse, ma sempre civilmente consapevoli. Un’area vasta e variegata, anche se frammentata, composta da gruppi di base e nuovi movimenti politici, gruppi di volontariato, associazioni eco-pacifiste, di giovani e di donne, operatori sociali e animatori culturali, responsabili e gruppi della comunità ecclesiale, che insieme hanno testimoniato una qualificata progettualità politica sulla città. Un grande potenziale di intelligenze, professionalità, passione, ansia di giustizia. Gente che ha svolto con abnegazione il proprio impegno nel sociale o ha fatto semplicemente il proprio dovere, tenendo così in piedi il meglio di una città che il ceto politico dominante sta invece degradando.
E’ giunto il momento che questa " politica diffusa" si aggreghi e assuma il compito di governare la città rompendo radicalmente con il passato. Il futuro non può essere affidato ai soliti nomi, a vecchi e nuovi notabili della D.C. magari camuffati sotto qualche nuova sigla, a pezzi delle vecchie forze politiche di maggioranza o di opposizione, corresponsabili del degrado, che cercano di perpetuare il loro potere con patetici quanto pericolosi tentativi di riciclarsi indossando nuove maschere. La città ha bisogno di cittadini onesti, competenti, responsabili, e soprattutto credibili perché non compromessi con il vecchio sistema; di persone che hanno saputo concretamente testimoniare con il loro impegno politico, sociale, culturale o professionale la loro adesione ai valori fondamentali della democrazia, della solidarietà, della legalità, della difesa dell’ambiente, della pace e della dignità della persona.
Per fare tutto questo, Molfetta ha bisogno di uno straordinario risveglio delle coscienze, di un nuovo protagonismo dei cittadini per costruire una fase di radicale rinnovamento della vita politica e sociale, che si contrapponga alle logiche dei comitati d’affari che feriscono la dignità della nostra città e mortificano la speranza."…

Entrambi i documenti ci riportano indietro di 17 anni e ci impongono una necessaria riflessione come se dovessimo confrontare le due città in due fotografie istantanee. Purtroppo il confronto è deludente, a parte lo stato di conservazione la foto di ieri rappresenta una realtà che è terribilmente attuale se non peggiore.

Per questo, oggi come allora, sentiamo il bisogno di reagire all’indifferenza, all’assuefazione e al disimpegno di una città in cui la classe politica dominante sta cancellando, non solo, la memoria del sacrificio del sindaco Carnicella, ma sta contaminando, fino all’annullamento, la parte sana e operosa della nostra comunità.

Pertanto il LIBERATORIO Politico invita tutti cittadini, movimenti, associazioni, partiti e organi d’informazione oggi, giovedì 23 luglio, alle ore 19.30, alla conferenza stampa-assemblea cittadina presso la sede del Liberatorio per discutere della situazione dell’ordine pubblico a Molfetta e delle iniziative unitarie da intraprendere".

Sildarietà anche da Sinistra e Libertà: "Esprimiamo la nostra più ferma condanna al vile atto minatorio e intimidatorio subito dal Prof. Matteo D’Ingeo. Purtroppo non è la prima volta che un a un nostro concittadino, in tempi recenti, viene recapitata una busta contenente un proiettile.
Nel ribadire la nostra solidarietà al coordinatore del “Liberatorio Politico”, già presidente dell’Osservatorio “7 luglio” sull’illegalità a Molfetta, vogliamo andare ben oltre.
Innanzitutto inquadrare con il grandangolo, in un grave contesto di illegalità diffusa, il silenzio accondiscendente, da parte dell’Amministrazione Comunale, sul continuo proliferare di bancarelle di rivenditori di frutta, con una prassi di continue nuove autorizzazioni, senza un intervento normativo per regolamentare una giungla caratterizzata anche da lotte intestine, che hanno portato persino ad attentati incendiari.
Inoltre, in un contesto di rivoluzione passiva, in cui tutto questo e ben altro passa sulle teste di cittadine e cittadini, spesso senza che neanche significative forze organizzate proferiscano parola, invitiamo tutte le forze sane e democratiche della città, a far sentire la loro indignazione ed a mobilitarsi in iniziative pubbliche".

Anche Azione Giovani e i giovani del Pdl hanno voluto esprimere solidarietà a D’Ingeo: "Matteo D’Ingeo, non è sicuramente un uomo di destra, ma a lui va la nostra più assoluta e sincera solidarietà. Come abbiamo già sostenuto nel comunicato fatto in ricordo della strage di via D’Amelio del 19 luglio 1992 dove persero la vita il giudice Borsellino e la sua intera scorta, l’ annoso problema sulla sicurezza e la legalità non deve avere colore politico ma deve essere di interesse bipartisan. Oggi, con ancor più vigore, dobbiamo essere noi giovani ad impegnarci per un futuro migliore della nostra terra e con coraggio dobbiamo denunciare tutti gli episodi di illegalità che ledono l’onorabilità della nostra amata città!".

Liberatorio: oggi conferenza stampa e assemblea cittadina

https://liberatoriopolitico.wordpress.com/wp-content/uploads/2009/07/22072009_calibro_7-62_per_d27ingeo_cut.jpgQuesta sera alle ore 19.30, conferenza stampa-assemblea cittadina presso la sede del Liberatorio per discutere della situazione dell’ordine pubblico a Molfetta.


L’avevamo denunciato nella manifestazione del 6 luglio scorso in occasione della commemorazione del 17° anniversario dell’omicidio del Sindaco Carnicella: la cronaca nera e gli atti intimidatori delle ultime ore ne sono la prova tangibile che a Molfetta il campanello d’allarme è già rosso fisso da parecchio tempo.

Avevamo intitolato quella conferenza pubblica “FATTI E MISFATTI IN UNA CITTA’ SENZA MEMORIA” perché abbiamo sempre creduto che questa città abbia perso, non solo, la propria memoria storica ma anche quella capacità di reagire con orgoglio ai tentativi di chi, a vario titolo, ha voluto e vuole ancora distruggere la nostra convivenza civile, la nostra laboriosità e soprattutto le nostre nobili radici.

Avevamo diffuso e riproposto sul sito del Liberatorio e su Facebook gli stralci di due documenti, che sono diventati nel tempo il simbolo della capacità del popolo molfettese nel saper reagire con fermezza nei momenti di grande difficoltà.

Nell’agosto ’92 la società civile molfettese reagì al tragico evento dell’omicidio del sindaco Carnicella con un manifesto sottoscritto da associazioni, movimenti e partiti (Casa per la Pace – Comitato di quartiere Molfetta Vecchia – Coop. La Meridiana – Lega per l’ambiente – Movimento insieme per la città – Movimento per la democrazione La Rete – Operatori della ludoteca – Pax Christi – PDS, unità di base Berlinguer – Teatrermitage – WWF) che diedero vita all’OSSERVATORIO 7LUGLIO SULL’ILLEGALITA’.

"L’OMICIDIO DEL SINDACO CARNICELLA segna un livello, finora mai raggiunto, di degrado della convivenza civile nella nostra città. Di fronte a questo episodio il nostro primo atteggiamento è di sdegno e di dolore per la vita spezzata oltre che di piena solidarietà con chi più duramente da esso è stato colpito.

A ciò si unisce, forte, un lacerante bisogno di verità. Verità sull’accaduto ma soprattutto sul clima nel quale è maturato e sui meccanismi che lo hanno generato.
E’ ormai innegabile che a Molfetta siano sempre più evidenti i segnali di una illegalità diffusa, dalla occupazione indebita di strade e piazze al racket delle estorsioni, dalle assunzioni clientelari al mercato drogato delle abitazioni di nuova costruzione.

E’ altrettanto innegabile che all’interno di vaste fasce di emarginazione e disgregazione sociale la delinquenza e la prevaricazione violenta diventano facile strumento per l’acquisizione di potere e ricchezza.

In questo clima, l’assassinio del Sindaco non è solo il gesto isolato di un folle; è il risvolto sanguinoso di una carriera affaristica cresciuta all’ombra di un sistema politico che usava e si lasciava usare; la collaborazione attiva alle campagne elettorali di noti esponenti politici locali e il monopolio detenuto da ben sette anni sugli appalti per l’organizzazione delle principali manifestazioni pubbliche sono dati di fatto che non si possono dimenticare.

Gianni Carnicella, che pure di quel sistema era parte integrante, ha forse pagato con la vita il tentativo coraggioso di invertire la tendenza. Oggi questo delitto rischia di bloccare il processo che era stato appena avviato. La paura potrebbe prendere il sopravvento.

Non dovrà essere così. Significherebbe consegnare la città e la vita di ognuno di noi al dominio dell’illegalità. NON E’ PIU’ TEMPO DI INDIFFERENZA E DI DISIMPEGNO NE’ DI RASSEGNAZIONE. MOLFETTA DEVE REAGIRE.”

Il secondo documento si riferisce alla sintesi dell’appello per " RESTITUIRE LA CITTA’ AI CITTADINI " che nel 1993 ha rappresentato la parola d’ordine della " Primavera molfettese ".

…"Molfetta vive una fase importante della sua storia. Siamo a un bivio. Dobbiamo scegliere se continuare a percorrere le vecchie strade o imboccare quelle di una radicale trasformazione. Il ceto politico e affaristico che ha governato la città occupando ogni spazio della vita amministrativa, sociale, economica e culturale si sta disgregando. Anche a Molfetta, come nel resto del Paese, il sistema di potere fondato sulla corruzione, sulle clientele, sul voto di scambio è entrato in crisi, anche se non mancano i tentativi di tenerlo ancora in piedi. I danni provocati sono gravissimi: la città è scivolata verso livelli mai toccati prima di degrado sociale, di dissesto territoriale, e di illegalità diffusa sino ai limiti di pericolose contiguità tra la politica e criminalità; l’idea stessa della politica è squalificata e sempre più associata alle logiche dell’astuzia affaristica.

Troppi sono stati coloro che hanno ceduto o non hanno saputo ascoltare, interpretare, aggregare e rappresentare a livello istituzionale il dissenso pure esistente nella città. In questi anni difficili, però, c’è stato anche un altro modo di fare politica, un’opposizione diffusa, che ha di volta in volta, assunto forme collettive o individuali, visibili o sommerse, ma sempre civilmente consapevoli. Un’area vasta e variegata, anche se frammentata, composta da gruppi di base e nuovi movimenti politici, gruppi di volontariato, associazioni eco-pacifiste, di giovani e di donne, operatori sociali e animatori culturali, responsabili e gruppi della comunità ecclesiale, che insieme hanno testimoniato una qualificata progettualità politica sulla città. Un grande potenziale di intelligenze, professionalità, passione, ansia di giustizia. Gente che ha svolto con abnegazione il proprio impegno nel sociale o ha fatto semplicemente il proprio dovere, tenendo così in piedi il meglio di una città che il ceto politico dominante sta invece degradando.

E’ giunto il momento che questa " politica diffusa" si aggreghi e assuma il compito di governare la città rompendo radicalmente con il passato. Il futuro non può essere affidato ai soliti nomi, a vecchi e nuovi notabili della D.C. magari camuffati sotto qualche nuova sigla, a pezzi delle vecchie forze politiche di maggioranza o di opposizione, corresponsabili del degrado, che cercano di perpetuare il loro potere con patetici quanto pericolosi tentativi di riciclarsi indossando nuove maschere. La città ha bisogno di cittadini onesti, competenti, responsabili, e soprattutto credibili perché non compromessi con il vecchio sistema; di persone che hanno saputo concretamente testimoniare con il loro impegno politico, sociale, culturale o professionale la loro adesione ai valori fondamentali della democrazia, della solidarietà, della legalità, della difesa dell’ambiente, della pace e della dignità della persona.

Per fare tutto questo, Molfetta ha bisogno di uno straordinario risveglio delle coscienze, di un nuovo protagonismo dei cittadini per costruire una fase di radicale rinnovamento della vita politica e sociale, che si contrapponga alle logiche dei comitati d’affari che feriscono la dignità della nostra città e mortificano la speranza."…

Entrambi i documenti ci riportano indietro di 17 anni e ci impongono una necessaria riflessione come se dovessimo confrontare le due città in due fotografie istantanee. Purtroppo il confronto è deludente, a parte lo stato di conservazione la foto di ieri rappresenta una realtà che è terribilmente attuale se non peggiore.

Per questo, oggi come allora, sentiamo il bisogno di reagire all’indifferenza, all’assuefazione e al disimpegno di una città in cui la classe politica dominante sta cancellando, non solo, la memoria del sacrificio del sindaco Carnicella, ma sta contaminando, fino all’annullamento, la parte sana e operosa della nostra comunità.

Pertanto il LIBERATORIO Politico invita tutti cittadini, movimenti, associazioni, partiti e organi d’informazione oggi, giovedì 23 luglio, alle ore 19.30, alla conferenza stampa-assemblea cittadina presso la sede del Liberatorio per discutere della situazione dell’ordine pubblico a Molfetta e delle iniziative unitarie da intraprendere.

 

Intimidazione per Matteo D'Ingeo: proiettile al Liberatorio Politico

https://liberatoriopolitico.wordpress.com/wp-content/uploads/2009/07/22072009_calibro_7-62_per_d27ingeo_cut.jpgGiovedì 23 luglio ore 19.30, conferenza stampa-assemblea cittadina presso la sede del Liberatorio per discutere della situazione dell’ordine pubblico a Molfetta.

 

Minacce a d’Ingeo: la solidarietà delle istituzioni

Recapitato questa mattina nella sede del Liberatorio Politico un proiettile. Il coordinatore ha preferito non rilasciare alcuna dichiarazione ufficiale

di La Redazione (www.molfettalive.it/…)

E’ stato lo stesso Matteo d’Ingeo a ritrovare questa mattina nella cassetta della posta della sede del Liberatorio Politico in via Campanella un proiettile accompagnato da un messaggio minatorio destinato alla sua persona.

Il proiettile calibro 7,62 si presentava avvolto in un foglio di carta igienica ed è stato preso in consegna dai Carabinieri che sul caso stanno svolgendo indagini.

Nessun commento dal diretto interessato, conosciuto in città per il suo impegno politico sfociato in numerose manifestazioni e segnalazioni contro situazioni di illegalità, compresa la costituzione di parte civile in alcuni processi.

«Chi fa ricorso a messaggi minatori e si nasconde dietro un proiettile è fondamentalmente un vigliacco». Così Renato De Scisciolo, presidente dell’associazione provinciale Antiracket, commenta quanto è avvenuto.

«Episodi come questo – ha detto De Scisciolo – non possono che turbare le nostre coscienze. Ma è proprio in questi momenti che non bisogna mollare. A Matteo d’Ingeo, coordinatore del Liberatorio Politico di Molfetta, va tutta la solidarietà mia e dell’associazione che rappresento. Dobbiamo fare nostra la consapevolezza che esiste qualcosa di più grande e di più importante della paura. Chi fa ricorso a messaggi minatori e si nasconde dietro un proiettile è fondamentalmente un vigliacco.
Noi nelle nostre battaglie contro l’illegalità, il malaffare, il silenzio complice di chi spesso resta solo a guardare ma non muove un dito, ci mettiamo la faccia e il nome. Questi signori sanno solo colpire nell’ombra perché sanno di essere deboli alla luce del sole
».

Anche il Comune ha espresso solidarietà per il gesto intimidatorio: «il sindaco Antonio Azzollini e tutta l’amministrazione comunale – si legge nella nota diffusa alla stampa – condannano con fermezza l’atto intimidatorio compiuto nei riguardi di Matteo d’Ingeo e del Movimento Liberatorio Politico ed esprimono sentimenti di indignazione per tutti gli atti di aggressione che ledono la dignità delle persone e l’immagine della città».

 

MOLFETTA. Solidarietà a Matteo d’Ingeo

da Redazione (www.ilfatto.net/…)

Molfetta- Giungono le prime reazioni alla notizia dell’invio a Matteo d’Ingeo, coordinatore del Liberatorio Politico, di un proiettile e di un messaggio minatorio. Ad intervenire sulla vicenda sono il sindaco Antonio Azzollini e il vice presidente nazionale della Federazione Antiracket, Renato de Scisciolo.

"Il sindaco Antonio Azzollini e tutta l’amministrazione comunale -si legge in una nota diffusa dall’ufficio stampa- condannano con fermezza l’atto intimidatorio compiuto nei riguardi di Matteo D’Ingeo e del Movimento Liberatorio Politico ed esprimono sentimenti di indignazione per tutti gli atti di aggressione che ledono la dignità delle persone e l’immagine della città". 

"Chi fa ricorso a messaggi minatori e si nasconde dietro un proiettile è fondamentalmente un vigliacco", ha invece dichiarato Renato De Scisciolo, in passato fatto oggetto di analoghe minacce.

"Episodi come questo – ha detto De Scisciolo – non possono che turbare le nostre coscienze. Ma è proprio in questi momenti che non bisogna mollare. A Matteo d’Ingeo va tutta la solidarietà mia e dell’associazione che rappresento. Dobbiamo fare nostra la consapevolezza che esiste qualcosa di più grande e di più importante della paura. Chi fa ricorso a messaggi minatori e si nasconde dietro un proiettile è fondamentalmente un vigliacco".

"Noi -ha aggiunto De Scisciolo- nelle nostre battaglie contro l’illegalità, il malaffare, il silenzio complice di chi spesso resta solo a guardare ma non muove un dito, ci mettiamo la faccia e il nome. Questi signori sanno solo colpire nell’ombra perché sanno di essere deboli alla luce del sole".


Intimidazione per Matteo D’Ingeo: proiettile al Liberatorio Politico

da Redazione (www.laltramolfetta.it/…)

22/07/2009   Matteo D’Ingeo, coordinatore locale del Liberatorio Politico, è stato vittima di un vile attentato intimidatorio. Un proiettile di grosso calibro, infatti, avvolto in un involucro di carta igienica, è stato recapitato da ignoti presso la sede del movimento guidato dallo stesso D’Ingeo. L’involucro conteneva anche un messaggio minatorio molto pesante. Il diretto interessato, contattato telefonicamente, non ha voluto commentare l’accaduto limitandosi a dire che certo non si lascerà intimidire da questo episodio e che continuerà nelle sue battaglie civili. Sull’accaduto stanno indagando i Carabinieri di Molfetta. E’ altamente probabile che l’attentato sia riconducibile all’attività di denuncia che D’Ingeo sta portando avanti caparbiamente da tempo sull’occupazione di suolo pubblico da parte di rivenditori ambulanti di frutta e verdura. Il sindaco Antonio Azzollini e tutta l’amministrazione comunale hanno diffuso un comunicato stampa con il quale “condannano con fermezza l’atto intimidatorio compiuto nei riguardi di Matteo D’Ingeo e del Movimento Liberatorio Politico ed esprimono sentimenti di indignazione per tutti gli atti di aggressione che ledono la dignità delle persone e l’immagine della città”. Al di là delle parole, però, l’amministrazione comunale farebbe bene ad intervenire direttamente per disciplinare un settore (quello del commercio su area pubblica) che sta letteralmente sfuggendo di mano e arrecando gravi problemi alla cittadinanza sotto il profilo della sicurezza e del decoro urbano.

 

 

Solidarietà a Matteo d’Ingeo dall’associazione antiracket
 
(www.ilbiancorossonews.it/…)

“Chi fa ricorso a messaggi minatori e si nasconde dietro un proiettile è fondamentalmente un vigliacco”. Così Renato De Scisciolo, presidente dell’associazione provinciale Antiracket, commenta quanto è avvenuto a Molfetta, dove in mattinata qualcuno ha fatto recapitare un proiettile a Matteo D’Ingeo, responsabile del Liberatorio politico.
 “Episodi come questo – ha detto De Scisciolo – non possono che turbare le nostre coscienze. Ma è proprio in questi momenti che non bisogna mollare. A Matteo D’Ingeo, coordinatore del Liberatorio politico di Molfetta, va tutta la solidarietà mia e dell’associazione che rappresento. Dobbiamo fare nostra la consapevolezza che esiste qualcosa di più grande e di più importante della paura. Chi fa ricorso a messaggi minatori e si nasconde dietro un proiettile è fondamentalmente un vigliacco. Noi nelle nostre battaglie contro l’illegalità, il malaffare, il silenzio complice di chi spesso resta solo a guardare ma non muove un dito, ci mettiamo la faccia e il nome. Questi signori sanno solo colpire nell’ombra perché sanno di essere deboli alla luce del sole”.
 

L’amministrazione comunale condanna con forza l’atto intimidatorio
nei confronti del Liberatorio Politico e di Matteo D’Ingeo

 
Il sindaco Antonio Azzollini e tutta l’amministrazione comunale condannano con fermezza l’atto intimidatorio compiuto nei riguardi di Matteo D’Ingeo e del Movimento Liberatorio Politico ed esprimono sentimenti di indignazione per tutti gli atti di aggressione che ledono la dignità delle persone e l’immagine della città. 

 

"Il prossimo te lo metto nel culo": Questo il messaggio allegato al proiettile consegnato a D’Ingeo

di Danilo Novara (www.lamiamolfetta.blogspot.com/…)

"Il prossimo te lo metto nel culo". Nella città dei cocomerai e delle cèrase, dopo gli attentati reciproci che hanno causato danni a gazebo e macchine, si è passati alle minacce nei confronti di chi questa situazione l’ha denunciata più volte. Questa mattina infatti nella sede del "Liberatorio Politico" e stata rinvenuta nella cassetta postale una lettera contenente un proiettile calibro 7.62 e indirizzato al coodinatore Matteo d’Ingeo. Quest’ultimo nelle scorse settimane si è reso protagonista con alcuni comunicati di feroci attacchi nei confronti dei venditori di frutta e invitava il Comune a prendere coscienza dell’effettivo stato di abusivismo "legalizzato" che è presente in città. Comunicati che evidentemente hanno dato fastidio ai diretti interessati che stanno invadendo strade e spiagge a suon di cocomeri, cassette di frutta e vecchi frigoriferi. Massima solidarietà a Matteo d’Ingeo e a tutti coloro che si battono per il ripristino della legalità in città, con la speranza che si intervenga al più presto senza aspettare che accadano eventi tragici.

 

La muta del serpente

di Beppe Grillo (www.beppegrillo.it/…)

C’è un serpente che si snoda per l’Italia. Un serpente di molte teste. Sta cambiando pelle. Quella che ha avuto fino ad ora non gli sta più bene. Dalla morte di Borsellino nessun magistrato è stato ucciso in Sicilia. Si possono trarre diverse conclusioni: o lo Stato ha sconfitto la mafia, o la mafia ha sconfitto lo Stato, o si sono messi d’accordo. La terza ipotesi è la più probabile.
Il papello, le condizioni proposte allo Stato dalla mafia, molte accettate nei fatti, è diventato forse insufficiente. Il figlio di Ciancimino parla come un canarino. Totò Riina, dopo tre lustri di isolamento manda messaggi a quelli che, per lui, sono i mandanti politici della morte di Borsellino. Lui sa i nomi e può dirli. Ha chiamato in causa Mancino, allora ministro degli Interni, lo smemorato di Collegno che non ricorda di aver incontrato Borsellino a Roma prima dell’attentato. Perché Riina lo ha fatto? Il processo Dell’Utri si concluderà nei prossimi mesi a Palermo. Il fondatore di Forza Italia è stato condannato a nove anni in primo grado per collegamenti con la mafia, l’appello potrebbe confermare la sentenza. Un nuovo soggetto politico sta nascendo: il Partito del Sud. Un partito autonomista siciliano è un vecchio pallino della mafia. Riappare ogni volta che i suoi protettori e i burattini politici al suo servizio non la garantiscono più. Il Pdl ha subito un tracollo di voti alle europee in Sicilia, una regione che gli regalò 61 seggi su 61 in una elezione politica. Da fare invidia a Ceaucescu. Nulla avviene per caso in quell’isola.
Ho ascoltato le conversazioni tra la D’Addario e Berlusconi. La mia impressione è che siano state preparate, studiate a tavolino. Riascoltatele, la D’Addario sembra recitare una parte. Non mi sembra verosimile che una escort rischi tutto, si metta contro il Sistema, per una concessione edilizia negata, per una promessa non mantenuta dello psiconano. Poteva vendere le registrazioni a qualunque cifra all’interessato, e non lo ha fatto. E’ una supposizione, ma la D’Addario mi ricorda il cadavere di Salvo Lima usato contro Andreotti. Altri tempi. Per lo psiconano potrebbe essere sufficiente una prostituta. Un salvagente per Testa d’Asfalto è in arrivo. Si chiama Topo Gigio Veltroni che si è proposto come osservatore esterno all’Antimafia. Proporrà una supercàzzola al posto del papello e la mafia sarà sconfitta per sempre.

Lezione sulla mafia

"Lezione di Paolo Borsellino", Bassano del Grappa, 26 gennaio 1989:

"L’equivoco su cui spesso si gioca è questo, si dice: quel politico era vicino a un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con l’organizzazione mafiosa, però la magistratura non l’ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. Eh no!

Questo discorso non va perchè la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale. Può dire che ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire che quest’uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, cioè le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, cioè i consigli comunali, o quello che sia, dovevano già trarre le dovute conseguenze da queste vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato, ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica.

Questi giudizi non sono stati tratti perchè ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza. Si dice: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto… ma dimmi un poco… tu non ne conosci gente disonesta che non è mai stata condannata perchè non ci sono le prove per condannarla? C’è il forte sospetto che dovrebbe, quanto meno, indurre i partiti a fare grossa pulizia, a non soltanto essere onesti, ma apparire onesti facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi e fatti inquientanti…".